Preparatevi, amanti del dramma e delle svolte inaspettate, perché il prossimo episodio di “Tradimento” vi lascerà senza fiato, ribaltando ogni vostra certezza e riscrivendo le regole del gioco. Ciò che si prospetta per martedì 3 giugno è un vero e proprio terremoto emotivo, un vortice di rivelazioni che culminerà in un atto di umiliazione pubblica e in una decisione che cambierà per sempre il destino dei nostri protagonisti più amati. Oylum non sarà più la donna sottomessa, ma la stratega, la regina di un momento epico che lascerà Tolga in ginocchio e Karaman completamente spiazzato. Siete pronti a scoprire la verità?
L’aria si fa incandescente quando Karaman, con una veemenza inaspettata che pochi gli avrebbero attribuito, rifiuta con forza un patto criminale. È un no categorico, un gesto fisico improvviso, carico di un’etica ferrea e di una rabbia repressa a lungo che esplode in una violenza inaudita. Questo è il momento decisivo in cui il nostro amato personaggio sceglie la sua parte, svelando la posta in gioco altissima e minacciando apertamente chiunque osi coinvolgerlo in attività illecite. La sua reazione è un uragano, un’affermazione di integrità che getta un’ombra su chiunque credesse di poterlo manipolare.
Intanto, con la sua solita gentilezza disarmante, Karaman invita Nazan a rientrare a casa, suggerendo anche a Oylum di riposare. Ma Oylum, con una voce calma ma risoluta, fa capire di preferire rimanere al suo fianco, una scelta che già allora rivelava un legame profondo e inconfessabile. Muallà, sempre pronta a cogliere ogni sfumatura, non si lascia sfuggire l’occasione. Con un’aria soddisfatta, propone a Nazan di andare via insieme. Appena svoltano l’angolo del corridoio, Muallà si ferma, la guarda con uno di quei suoi sorrisi maliziosi che non lasciano spazio a dubbi. Le fa notare che Karaman desidera stare da solo con Oylum e si prende la libertà di punzecchiarla, rinfacciandole di non capire nulla di romanticismo. Nazan, dopo tre fidanzamenti falliti, si blocca di colpo. Il suo sguardo si fa serio, duro. Senza mezzi termini, le ricorda di essere stata tradita e che certe ferite non scompaiono facilmente. Muallà si rende conto di averla ferita, il silenzio tra loro dice più di mille parole, poi riprendono la strada di casa, cariche di tensioni non risolte.
La mattina seguente, l’atmosfera si fa ancora più pesante. Tarik giace riverso su un tavolo, addormentato in una posizione scomoda, le manette ai polsi. Ha trascorso la notte in quelle condizioni umilianti, e si sveglia di malumore quando un uomo gli porta del tè. La sua voce è roca, carica di irritazione. Nessuno lo ha ancora interrogato e il suo avvocato è misteriosamente scomparso. L’uomo, seccato, lo guarda con aria annoiata, dicendogli che ripete sempre le stesse lamentele. Tarik perde la pazienza, ricorda la notte infernale trascorsa lì e pretende di vedere il suo legale, ma viene liquidato in fretta: non potrà andarsene finché non confesserà tutto. L’uomo si allontana, lasciandolo solo, stanco e frustrato, prigioniero di un incubo senza fine.
Intanto, in un’altra parte della città, Sezai e Güzide sono seduti su una panchina affacciata sul mare. Un silenzio carico di cose non dette, di pensieri pesanti, avvolge i due. Lentamente, Sezai inizia a raccontare la sera prima: il crollo di sua figlia, le valigie pronte, il dolore disarmante nei suoi occhi. Si sente svuotato, impotente, incapace di trovare la strada giusta per aiutarla. Güzide lo ascolta con calma, con quell’attenzione che non giudica, ma accoglie ogni sua parola, offrendo un porto sicuro al suo cuore in tempesta. Sezai è distrutto, incapace di trovare un modo per raggiungere sua figlia, per aiutarla davvero. Güzide, seduta accanto a lui, lo guarda con dolcezza, restituendogli un po’ di forza, ricordandogli che non è solo, che affronteranno tutto insieme, come sempre. Le sue parole, semplici ma sincere, riescono a strappargli un sorriso stanco, nato dalla gratitudine più profonda. Poi, con tono calmo, Güzide gli fa notare che lui c’è sempre stato per lei, anche nei momenti più difficili. Ora tocca a lei fare lo stesso. Con un gesto affettuoso, posa delicatamente la testa sulla sua spalla. Sezai resta in silenzio, ma dentro di sé sente quanto sia importante averla accanto, le stringe piano la mano e le sussurra che per lui è una presenza preziosa, qualcosa a cui non vuole più rinunciare.
Altrove, in un clima decisamente diverso, Tolga dorme ancora vestito nella sua stanza, sfinito dopo una notte interminabile trascorsa tra musica assordante e luci accecanti di discoteca. Viene svegliato di soprassalto da uno degli uomini di Oltan, che entra per avvisarlo che è tardi e che una notizia sconveniente ha già iniziato a circolare. Qualcuno lo ha fotografato durante la serata, circondato da alcune donne. Le immagini sono finite online in pochissimo tempo, scatenando reazioni e pettegolezzi a non finire. Ma non è un caso, è tutto parte di un piano astutamente orchestrato da Han, che mira a spingere Tolga sempre più lontano da Oylum, screditandolo pubblicamente agli occhi di tutti.
Nel suo ufficio, Oltan osserva il risultato con aria soddisfatta, un sorriso compiaciuto sulle labbra. Accanto a lui c’è lo stesso uomo che ha accompagnato Tolga quella sera, che gli mostra l’articolo con orgoglio, quasi vantandosi del clamore generato. Alla domanda su come intenda giustificare l’accaduto, Oltan suggerisce di far finta di nulla, fingere sorpresa e promettere un’indagine interna, una tattica collaudata per deviare i sospetti. Proprio in quel momento, il telefono squilla: è Tolga. Ma Oltan ordina subito di ignorare la chiamata, istruendo il collaboratore di inviare invece un messaggio vocale e poi sparire per qualche giorno, lasciando Tolga nel limbo. L’uomo obbedisce senza fare domande. Tolga ascolta il messaggio poco dopo: una voce falsa e forzata finge di essere stupita dalla notizia, promettendo di fare il possibile per scoprire chi ha diffuso le foto. Ma Tolga non ci casca, è furioso. Sa benissimo che quelle immagini rischiano di compromettere seriamente il suo legame con Oylum, e sa anche che giustificarsi non sarà affatto facile.
Intanto, in un’altra ala della casa, Karaman incrocia Oylum nel corridoio. La saluta con il solito garbo, le chiede se abbia riposato. Lei risponde con un semplice “sì”, senza fermarsi troppo, aggiungendo solo che sta andando in bagno e lo raggiungerà per la colazione. Karaman resta un attimo sorpreso da quel tono un po’ più freddo, ma non insiste. Nel bagno, sola davanti allo specchio, Oylum si osserva con aria confusa. Si ripete che non deve lasciarsi andare, che Tolga è il padre di suo figlio e che non può permettere che i sentimenti la confondano. Ma dentro di lei qualcosa si è già mosso, una parte nascosta che forse da tempo guarda Karaman in modo diverso, anche se continua a ripetersi che non può, non deve.
In sala, Nazan e Muallà sono già sedute per la colazione. Nazan avrebbe preferito aspettare gli altri, ma Muallà, come sempre, non si fa problemi e comincia comunque a mangiare. Poco distante, Karaman si trattiene fuori dalla sala, non ha fretta di sedersi, sta aspettando che Oylum esca dal bagno. Quando lei finalmente si fa vedere, gli si avvicina e con un tono un po’ distaccato gli chiede perché non sia ancora sceso. Lui le risponde che voleva aspettarla. È un momento breve, quasi trattenuto, ma qualcosa è cambiato. Il loro modo di interagire non ha più la naturalezza del giorno prima.
Karaman, accorgendosi del suo atteggiamento più freddo, senza pensarci troppo le chiede se per caso stia pensando a Tolga. Ma non fa nemmeno in tempo a finire la frase che lei lo interrompe dicendogli che ha sognato Bayram e che quella mattina il suo pensiero era rivolto a lui. Sta mentendo, ma lo fa con una fermezza sorprendente. Karaman rimane interdetto, non sa bene come interpretare quelle parole. Lei, nel frattempo, non aggiunge altro e si dirige in sala.
Proprio in quel momento, Karaman riceve una telefonata. È l’uomo che si era incontrato con Muallà. Gli dice che ha bisogno urgente di parlargli di persona per chiedergli aiuto. Karaman accetta e gli dà appuntamento. Poi entra anche lui in sala, si unisce agli altri e saluta con un tono educato. Nazan, appena lo vede, gli chiede a che ora siano tornati a casa la sera prima. Karaman non ricorda l’orario esatto e si volta verso Oylum, che risponde al posto suo: erano le 2:00 di notte. Nazan commenta che sembrava molto più tardi, ma Karaman chiarisce che se ne sono andati appena sono arrivati i parenti degli uomini coinvolti nell’incidente. Poco dopo Ilknur entra portando delle uova, parla dell’accaduto e si lascia andare a una lunga osservazione, dicendo che secondo lei quei ragazzi ci metteranno molto a riprendersi, e comincia anche a raccontare un episodio simile accaduto a un suo vicino. Ma Muallà la interrompe con decisione, ricordandole che i medici hanno già confermato che le condizioni non sono gravi e che presto saranno dimessi. Poi, con tono stanco, la richiama, evidentemente infastidita da quel modo di parlare così prolisso. Ilknur, per alleggerire la tensione, chiede se qualcuno desidera del succo. Karaman dice che lo prenderebbe volentieri, e lei si allontana per andarlo a prendere. Appena esce, Muallà si sporge verso Nazan e con una punta di fastidio le dice che Ilknur è sempre troppo impicciona.
A quel punto, nel bel mezzo della colazione, il telefono di Oylum inizia a vibrare. È Ozan. La sua voce, appena lei risponde, è carica di rabbia. Le chiede subito dove si trovi. Oylum, un po’ sorpresa, risponde che è seduta a colazione, ma lui non le lascia nemmeno il tempo di spiegare. La interrompe, le dice di aprire immediatamente il link che le ha appena mandato. Lei cerca di capire di cosa si tratti, ma Ozan, sempre più agitato, insiste: vuole che veda da sola cosa sta succedendo. Le parole sono pesanti, il tono urgente, e qualcosa nell’espressione di Oylum comincia a cambiare, un’ombra di presagio si posa sul suo volto.
Proprio mentre l’atmosfera a tavola sembra ancora trattenere una parvenza di calma, Ozan esplode. Vuole solo che sua sorella apra gli occhi una volta per tutte. Güzide, preoccupata, prova a fermarlo con dolcezza. Gli chiede cosa stia succedendo davvero, ma lui non gira intorno alle parole: dice che Oylum deve vedere con i suoi occhi chi è veramente “quell’uomo”. Oylum, senza rispondere, interrompe la chiamata e apre il link. Sullo schermo, nitide e impietose, scorrono le immagini della serata: Tolga in discoteca, circondato da donne, immortalato in pose che non lasciano spazio all’immaginazione.
È un colpo secco, silenzioso, che la colpisce in pieno petto. Lei resta immobile con il telefono in mano, mentre tutto dentro di lei sembra bloccarsi, il respiro sospeso. Nazan, seduta lì vicino, nota subito il cambiamento nel suo sguardo. Le chiede se sia successo qualcosa. Oylum, con uno sforzo evidente, finge indifferenza. Dice che non è nulla di importante, solo notizie senza senso, ma il tono è basso, spento. Cerca di sembrare forte, ma è chiaro che qualcosa l’ha ferita profondamente. Subito dopo richiama suo fratello. Ozan risponde di scatto. Vuole sapere cosa pensa ora, cosa prova dopo aver visto quelle foto. Lei esita, poi dice la verità più disarmante: non sa cosa dire. E quella frase, più di ogni altra, accende ancora di più la rabbia in Ozan. Le chiede se è davvero per quell’uomo che ha messo tutto in discussione, se adesso finalmente riesce a vedere la verità. Ma Oylum, stanca e sopraffatta, lo interrompe con un filo di voce. Gli chiede solo una cosa: di smetterla, di lasciarle un attimo di pace e poi chiude la chiamata. Muallà, che ha assistito alla scena, anche se non ha sentito una parola, capisce subito che qualcosa si è incrinato, e il modo in cui guarda Oylum lo dice chiaramente: per lei è una piccola, soddisfacente vittoria. Intanto Oylum resta lì, visibilmente scossa, tiene ancora il telefono tra le mani, ma è come se non sapesse più da che parte girarsi.
Güzide, nel frattempo, cerca di calmare suo figlio, che continua a sfogarsi, a lanciare accuse. Gli dice che non serve arrabbiarsi così, che ognuno fa le sue scelte e segue la propria strada. Ma Ozan non riesce a fermarsi; ha visto sua sorella soffrire troppo e ora non può più restare zitto. Umit, rimasto in silenzio fino a quel momento, annuisce piano. Non dice nulla, ma è chiaro che condivide ogni parola detta poco prima. Il suo sguardo, fermo e lucido, parla per lui. Güzide si alza con calma e si avvicina al tavolo. Cerca di riportare un po’ di normalità iniziando a preparare la colazione, anche se l’aria resta tesa. Oylum, invece, ha bisogno di allontanarsi.
Senza fare rumore, entra nella stanza accanto. Lì dentro, tutto è più calmo. Il piccolo Can dorme sereno nella culla, ignaro del tumulto. Si avvicina piano, si siede accanto a lui e inizia a parlargli sottovoce. Le sue parole sono leggere, ma cariche di amarezza. Gli racconta che suo padre, ancora una volta, ha fatto quello che gli riesce meglio: agire d’istinto, senza pensarci due volte. Le scappa un mezzo sorriso, ma non è di quelli felici. In realtà, dentro di sé, Oylum non sa più cosa pensare, non sa se fidarsi, se lasciarsi ancora coinvolgere o semplicemente lasciar andare. E in quel momento, quel silenzio spezzato solo dal respiro del bambino è l’unico rifugio che ha.
Poco dopo, un lieve bussare alla porta la fa voltare. È Karaman. Le chiede se può entrare e lei annuisce. Lui entra con discrezione, si guarda intorno e poi con tono gentile le chiede se ha già pensato al vaccino per Can. Si offre di accompagnarla se serve. Oylum sorride appena. Gli dice che manca ancora un mese, ma che quando sarà il momento, se lui ci sarà, potrà venire volentieri con loro. È un gesto semplice, ma lascia intendere una crescente fiducia. Poi Karaman cambia tono, si fa più serio, quasi esitante. Le dice che vorrebbe farle una domanda. Lei lo guarda negli occhi e capisce subito dove vuole arrivare. Lo ferma prima ancora che possa continuare. Le basta un respiro per dirgli che non vuole più sapere nulla su Tolga, che sì, un tempo gli voleva bene, ma adesso non le interessa più. Le loro strade si sono divise senza rabbia, senza rancore, solo con la certezza che quella pagina è chiusa per sempre. Karaman la ascolta in silenzio, poi le chiarisce che voleva solo sapere come stesse, e in quel momento, più delle parole, è la sua presenza a dirle che non è sola.
Oylum non trattiene più quello che le pesa dentro. Le parole le escono piano, ma con una chiarezza disarmante. Confessa che non è tanto per sé che si sente ferita, ma per Can. Vedere Tolga comportarsi in quel modo, essere sbattuto sulle pagine di un sito circondato da donne, la ferisce perché lui è il padre di suo figlio, e quel pensiero la tormenta più di quanto vorrebbe ammettere. Karaman, con quella calma che non ha bisogno di imporsi, la guarda con dolcezza. Poi le ricorda qualcosa che lei stessa aveva detto tempo fa: che Can non ha bisogno di chi lo ha generato, ma di chi gli resta accanto. Che lei fino a oggi è stata madre e padre per lui, e che forse lo sarà ancora per molto tempo. Oylum lo guarda negli occhi, c’è un silenzio che vale più di mille risposte, poi annuisce. Con un filo di voce dice: “Sì, è vero.” In questo momento di vulnerabilità e comprensione reciproca, il legame tra Oylum e Karaman si stringe, preannunciando una svolta cruciale.
Intanto in sala, Ilknur si avvicina a Muallà con aria curiosa. Le chiede se ci siano novità dalla Svizzera, riferendosi a Bayram. Muallà, colta alla sprovvista, si riprende in fretta: non ci sono novità importanti, le cure sono appena iniziate e ci vorrà tempo, ma aggiunge quasi tra sé che sta solo sperando che tutto vada per il meglio. Ilknur le fa un sorriso incoraggiante e le augura che le buone notizie arrivino presto. Muallà risponde solo con un “Lo spero”. Poi Ilknur nota la sua tazzina di caffè, la guarda con attenzione e con un tono quasi divertito dice che Muallà avrà molta fortuna, dicendole di saper leggere molto bene i fondi del caffè. Le predice che riceverà buone notizie proprio su Bayram, ne è certa. Muallà sorride, ma è un sorriso appena accennato, uno di quelli tirati. Appena Ilknur si allontana, rimane lì sola e a voce bassa, quasi parlando a se stessa, sussurra che tutti cercano di venderle speranza, come se bastasse per riempire il vuoto che sente. In quel momento entra Insar, e Muallà gli chiede se ha fatto ciò che gli aveva chiesto. Lui annuisce, tutto è stato fatto.
In cucina, intanto Ilknur si sfoga con una collega, irritata e delusa per non aver ricevuto una mancia da Muallà. La collega la guarda con uno sguardo freddo e severo, e Ilknur capisce di aver esagerato. Cambia subito tono, inizia a lodare Muallà per la sua generosità, ma appena rimane sola si morde le labbra e si dà della stupida, borbottando che avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa.
Poco dopo, in ufficio, Güzide accoglie Nazan con un sorriso vero. Le chiede se vuole qualcosa da bere, ma Nazan rifiuta. C’è qualcosa nel suo sguardo che tradisce un’inquietudine. Güzide la osserva per un istante e poi le chiede con gentilezza se c’è qualcosa che non va. Nazan, dopo un attimo di esitazione, ammette di essere lì per parlarle di qualcosa di delicato. Güzide percepisce subito la tensione negli occhi di Nazan. Le chiede con tono calmo ma diretto se è venuta per dirle che si allontaneranno di nuovo. Nazan scuote lentamente la testa e le risponde con sincerità: proprio per evitare nuovi scontri come quelli del passato, ha scelto di essere trasparente, affrontando tutto a viso aperto. Güzide la invita a parlare chiaro. Nazan prende fiato e confessa che Karaman prova qualcosa per Oylum, e che anche Oylum ricambia quei sentimenti. Le sue parole sono ferme. Dice che se fosse stato solo Karaman a essere coinvolto avrebbe affrontato la questione in privato con lui, ma dal momento che anche Oylum sente qualcosa, ha ritenuto giusto parlarne con Güzide direttamente.
Güzide resta in silenzio per un momento. La notizia la colpisce. Le chiede se ne sia davvero sicura e Nazan annuisce, raccontandole della sera prima, di come Oylum, credendo che Karaman fosse rimasto coinvolto nell’incidente, sia corsa in ospedale da sola, e di come lei e Muallà l’abbiano trovata lì, accanto a lui, in un atteggiamento che parlava da solo. Güzide ascolta, poi rimane in silenzio. Quando finalmente parla, la sua voce è ferma: dice che Bayram è ancora vivo e che Muallà non lascerà facilmente quel bambino, farà di tutto per trattenerlo vicino a sé. Ma aggiunge con la stessa forza che nemmeno lei è pronta ad arrendersi, non perché voglia combattere contro qualcuno, ma perché in gioco c’è sua figlia e c’è suo nipote, e su certe cose non si può semplicemente voltare lo sguardo. Güzide non ha dubbi. Se la felicità di sua figlia e quella di Karaman dipendono da questo amore, allora è pronta a lottare. Lo dice con una determinazione nuova, nata dal bisogno di rimediare. Dopo tutto ciò che è stato, dopo ogni errore commesso in passato, non vuole più dire no solo per paura o per convenzione. Oylum ormai è una donna, ha un figlio, e deve essere libera di affrontare le conseguenze delle sue scelte. Ma Güzide pone una condizione: non accetterà più silenzi o mezze verità. Non dopo Bayram, non dopo tutto ciò che ha subito sotto quel ricatto silenzioso. Questa volta vuole che sua figlia glielo dica in faccia. Vuole che ammetta chiaramente, senza ambiguità, di amare Karaman. Solo allora potrà accettare quella relazione con il cuore sereno.
Nel frattempo, Karaman arriva all’appuntamento con l’uomo con cui aveva parlato al telefono. Si salutano con freddezza. L’uomo, con un mezzo sorriso, si complimenta per la puntualità, ma Karaman è diretto: quando c’è un problema, preferisce affrontarlo subito. L’uomo inizia con cautela, parla di Muallà, la definisce capace ma impulsiva, troppo incline alla rabbia. Poi arriva al punto: gli propone di estrometterla dagli affari e gestire tutto insieme a lui. Basta uno sguardo a Karaman per capire che ha capito: dietro quelle parole si nasconde ben altro, attività sporche, illegali.
Non ci pensa nemmeno un istante. Gli rifila un ceffone secco, uno di quelli che pesano, lo afferra con rabbia e gli chiede furioso che cosa crede di stare proponendo. L’uomo, visibilmente spaventato, prova a ritrattare, dice che ha frainteso, ma Karaman non si lascia prendere in giro. Lo minaccia chiaramente: se solo prova a coinvolgerli ancora o a minacciarli, non avrà nessuna pietà. Poi lo scaraventa a terra e se ne va salendo in macchina senza più voltarsi, lasciando l’uomo nel terrore più profondo.
Altrove, Serra e Azra guardano sullo schermo il video che mostra Tolga in discoteca, circondato da donne. È lo stesso che ha fatto il giro della rete. Accanto a loro, Seline resta in silenzio, le lacrime le rigano il viso. È ferita, ma non dice nulla. Serra, invece, è indignata. Non riesce a credere che Tolga sia lo stesso ragazzo che diceva di amare Oylum. Azra, ancora incredula, chiede sottovoce se davvero Tolga non era innamorato. Serra risponde con amarezza, dicendo che forse lo era fino a quando non ha trovato qualcun’altra. Le loro parole si rincorrono veloci mentre cercano di darsi una spiegazione, ma alle loro spalle qualcuno le sta ascoltando. È Oltan, entrato da poco, che resta in silenzio per qualche secondo, nascosto finché una frase di Azra lo fa esplodere. Si mostra di colpo senza filtri e urla con rabbia chiedendole chi crede di essere per giudicare suo figlio in casa sua. Serra prova a intervenire cercando di calmare la situazione, ma non fa in tempo a finire la frase che Oltan, appena sente nominare Azra, si irrigidisce. Lo sguardo si fa duro, il tono ancora più tagliente, le rinfaccia il passato, la falsa notizia che lo aveva fatto finire in arresto. Oltan non si ferma, le rinfaccia non solo ciò che ha fatto tempo prima, ma anche il fatto che ora si permetta di giudicare suo figlio, proprio lei. Le chiede se non prova vergogna. Azra prova a spiegarsi, ma le parole le muoiono sulle labbra. Oltan, ormai colmo di rabbia, la caccia di casa con parole secche: non vuole più vederla. Azra raccoglie le sue cose in silenzio, umiliata, e se ne va con lo sguardo basso. Serra resta sperando di poter placare l’ira che ha travolto tutto, ma Oltan non vuole sentire ragioni. Le chiede solo di lasciarlo solo con Seline.
Quando la stanza si svuota, resta un silenzio denso, pesante. Oltan guarda sua figlia senza sapere da dove cominciare. Poi si siede accanto a lei, le chiede se ha visto quel video. Seline annuisce appena. Il suo viso è rigato di lacrime, ma lo sguardo è fisso, quasi perso. Oltan le dice che capisce quanto male possa averle fatto. Anche per lui è stato uno shock. Confessa che mai avrebbe immaginato Tolga comportarsi così e ammette con sincerità di non sapere nemmeno il perché. Poi si fa serio, le dice che devono trovare un modo per riportarlo indietro, riportare quel Tolga che conoscevano, quello che avevano amato e difeso. Seline lo guarda con la voce rotta e chiede se intende farlo insieme a lei. Oltan annuisce, le dice che ha bisogno del suo aiuto, che da solo non ce la fa. Ci ha provato più volte senza riuscirci, ma con lei forse le cose possono cambiare. Le dice che servirà forza, lucidità, che dovranno essere uniti. Poi la guarda negli occhi e le chiede con sincerità se è disposta a lottare con lui. Seline non esita, i suoi occhi, pieni di dolore ma anche di amore, brillano per un istante. Gli risponde che sì, lo farà perché ama Tolga più di ogni altra cosa al mondo e farà tutto ciò che serve per vederlo felice. Si abbracciano e in quel gesto Oltan riesce finalmente a sentire un filo di speranza. Debole, ma vivo.
Intanto altrove, Tarik è al limite. Da troppo tempo rinchiuso in quella stanza, sente la rabbia montare fino a esplodere. Urla con tutta la voce che ha, frustrazione, paura, impotenza, tutto viene fuori in un colpo solo. Ma proprio in quel momento la porta si apre e sullo stipite, con un sorriso beffardo, appare Yesim. Tarik sbianca, resta pietrificato nel vederla lì. Lei entra con assoluta calma, come se fosse a casa sua. Lo rimprovera per le urla, ironizzando sul fatto che si sente in tutto il palazzo. Poi si siede davanti a lui con aria compiaciuta e gli dice che dovrebbe mantenere il controllo, visto che ama tanto definirsi un grande avvocato. Yesim lo guarda con un sorriso carico di sarcasmo e aggiunge che sì, l’ha davvero messa in imbarazzo. Tarik esplode, le urla contro, l’accusa apertamente di averlo denunciato, ma lei, imperturbabile, conferma tutto senza nemmeno battere ciglio. Gli chiede chi altro avrebbe potuto farlo se non lei stessa. Tarik è furioso, promette vendetta. Dice che gliela farà pagare, ma Yesim lo colpisce con qualcosa di ancora più destabilizzante: gli rivela che quelli non sono veri poliziotti. Tarik sgrana gli occhi incredulo. Yesim alza la voce e chiama gli uomini che entrano nella stanza ridendo. Uno di loro si rivolge a Tarik con tono beffardo, chiedendogli se si sia divertito. Lei si complimenta con loro per la recita, dice che sono stati perfetti e lo invita persino a dare un voto alla loro performance. Tarik resta impietrito, è come se il pavimento gli si fosse aperto sotto i piedi. La rabbia dentro di lui esplode, ma riesce solo a sputarle addosso una minaccia: se la vedrà con lui. Quando gli uomini escono dalla stanza, prova ad accusarla, le dà della pazza, ma Yesim non si scompone. Fredda, tagliente, gli dice che la prossima volta chiamerà davvero la polizia. Poi gli si avvicina e gli sussurra che sa tutto, ogni dettaglio. Sa che è stato lui a organizzare l’aggressione. Tarik prova a negare, ma il suo volto tradisce il panico. Lei non si ferma, continua a colpirlo con parole affilate. Dice che per completare il teatrino mancherebbe solo il capo della polizia e con tono teatrale pronuncia il nome di Sezai, invitandolo a entrare.
Tarik si volta e rimane paralizzato quando vede Sezai varcare la soglia. Lo fissa scioccato e chiede cosa stia facendo lì. Sezai lo saluta senza alcuna emozione, poi guarda Yesim, e lei gli spiega che è lì per chiarire alcune faccende in sospeso. Sezai non perde tempo, va dritto al punto. Lo accusa di aver imbrogliato sua nipote, di aver venduto l’auto di sua figlia come se fosse cosa sua. Gli chiede se davvero pensava che avrebbe lasciato correre. Tarik, ormai con le spalle al muro, chiede come facciano a sapere tutto, e Yesim risponde che è stata lei a raccontare ogni cosa. Con disinvoltura tira fuori il suo libretto degli assegni e lo porge a Sezai, chiedendogli quanto gli deve. Sezai risponde con la cifra esatta che Ipek aveva speso per l’auto, ma Yesim, senza nemmeno pensarci, rilancia. Aumenta la cifra. Tarik protesta, cerca di fermarla, le dice di non esagerare, ma lei non lo ascolta, compila l’assegno fino all’ultimo numero, poi lo spinge davanti a lui per firmarlo. Tarik si rifiuta di firmare con tono duro e sguardo ostile, dice che non lo farà mai, che non metterà mai la sua firma su quell’assegno. Ma Yesim non si scompone, prende il telefono con calma e lo solleva davanti a lui, minacciandolo apertamente: se non firma, questa volta non sarà una messa in scena. Stavolta la polizia arriverà davvero, e lui dovrà affrontare le conseguenze reali delle sue azioni. Tarik capisce che non ha più via d’uscita, le spalle contro il muro, nessuna scappatoia. Ha i denti stretti, spinto dalla rabbia, prende la penna e firma. Lo fa di scatto, come se la carta gli bruciasse tra le dita.
Yesim osserva la scena con soddisfazione, poi strappa via l’assegno e lo consegna a Sezai. Il suo sguardo cambia, si addolcisce, c’è rispetto e gratitudine nel modo in cui lo guarda, e Sezai, in silenzio, le restituisce un cenno di intesa. Yesim gli sorride e con tono calmo ma deciso, gli dice che ora può andare. Ha ancora altre cose da sistemare. Sezai si limita a un ultimo saluto freddo a Tarik e lascia la stanza. Rimasti soli, Yesim si alza lentamente, fissando Tarik con uno sguardo trionfante. Gli dice quasi ironica che festeggeranno la sua libertà a casa, naturalmente. Poi si dirige con passo sicuro verso la porta. Tarik prova a riprendere il controllo, le urla dietro, le chiede dove stia andando e pretende che lo liberi subito, ma lei non si volta nemmeno. Con una voce serena gli risponde che se ne occuperanno i suoi poliziotti. Gli manda un bacio con la mano, ironico e pungente, e se ne va, lasciandolo solo con la sua furia. Tarik esplode in un urlo rabbioso, promette a voce alta che non finirà così, che gliela farà pagare fino all’ultimo centesimo. Le sue parole rimbombano nella stanza vuota, ma nessuno è lì per ascoltarle.
Nel frattempo, in una stanza d’hotel tranquilla ed elegante, Karaman è seduto con un gioielliere. Davanti a loro, un piccolo cofanetto aperto rivela una serie di anelli brillanti. Karaman ne prende uno tra le dita, lo solleva verso la luce, lo osserva con attenzione, ma c’è qualcosa che non va. Nota una minuscola imperfezione sulla pietra. Il gioielliere lo osserva in silenzio, poi annuisce, colpito dalla sua precisione. “Ha un occhio davvero esperto”, gli dice. Karaman, non sorride, ma con tono sicuro afferma che vuole proprio quel modello, però con un diamante perfetto. L’uomo fruga nella sua borsa e ne estrae un altro. Glielo mostra. Karaman lo prende, lo esamina a lungo, poi annuisce. Sembra aver trovato ciò che cercava.
Poco dopo, Sezai rientra a casa. Ipek è seduta davanti al computer, intenta a lavorare. Quando lo vede entrare lo saluta sorpresa. Non si aspettava di vederlo rientrare così presto. Gli legge qualcosa sul volto, un’espressione che la mette in allerta. Gli chiede con dolcezza se sia successo qualcosa. Sezai inizialmente cerca di minimizzare, dice che non è nulla di importante, ma poi cambia atteggiamento, apre il portafoglio, tira fuori un foglio e glielo porge. È un assegno. Ipek lo prende tra le mani, lo guarda confusa, gli chiede cosa sia. Sezai le risponde con tono calmo ma fermo: sono i soldi dell’auto che le ha venduto Tarik. Lei rimane spiazzata, cerca di capire perché lo stia facendo. Gli chiede il motivo, ma lui è chiaro: quei soldi le appartengono e può farne ciò che vuole.
Ipek si agita, il volto le si riempie di imbarazzo, gli dice che non può accettarli, che si vergogna persino a tornare su quell’argomento, ma Sezai non cede. Le dice che è arrivato il momento di chiudere quella storia per sempre e quel gesto è l’unico modo per farlo. Ipek prova a resistere, ma le lacrime iniziano a solcarle il viso senza più controllo. Con voce tremante confessa tutto il dolore che ha dentro. Dice di sapere di aver ferito sia suo padre che Güzide e che si pente profondamente di ogni parola detta, di ogni gesto sbagliato. Sezai si avvicina con delicatezza, la prende tra le braccia e cerca di confortarla dicendo che ormai è acqua passata, che quello che conta è il presente. Ma lei non riesce a fermarsi. Continua a parlare con voce rotta, spiegando che non voleva che finisse così, che a volte le emozioni le sfuggono di mano e la portano dove non vuole andare. Poi, in un momento di piena vulnerabilità, si stringe forte a suo padre, lasciando che tutto il peso dei suoi sensi di colpa venga fuori. Gli chiede cosa stia facendo della sua vita, smarrita come non lo è mai stata.
Sezai la tiene stretta, le accarezza i capelli nel tentativo di darle quella sicurezza che solo un padre può offrire. Nel frattempo, Oylum culla tra le braccia il piccolo Can quando riceve una telefonata. È Karaman. Dall’altra parte della linea, la sua voce è dolce, serena, quasi timida. Le chiede se quella sera voglia accompagnarlo in un posto speciale, un luogo che ne è certo, le piacerà molto. Dice che gli serve solo una risposta. Oylum sorride appena, il cuore che batte più veloce senza un vero motivo, e accetta. Dall’altro lato, Karaman… un sorriso si dipinge sul suo volto. Cosa avrà in mente? La strada di Oylum e Karaman si sta finalmente unendo, ma quale sarà il prezzo di questa nuova, inaspettata scelta? E come reagirà il mondo intorno a loro a questa umiliazione di Tolga e alla decisione di Oylum? Non perdetevi i prossimi, sconvolgenti sviluppi!