LA STORIA DI LISANDRO E COME AVREBBE LIQUIDATO LEOCADIA || CRONACHE e ANALISI di #LaPromessa

Fin dal momento in cui Don Lisandro de Carvajal y Cifuentes, Grande di Spagna e Mano Destra del re Alfonso XI, mette piede nel Palazzo de La Promessa, la vicenda muta radicalmente. La sua sola presenza conferma i timori di Leocadia: gli Occhi della Casa Reale non avevano mai posato tanta attenzione su questo angolo sperduto della Mancha. Ma chi è davvero Lisandro, quale scopo lo ha condotto qui e come potrebbe stroncategli intrighi di Leocadia? Ecco la sua storia e un’analisi delle sue mosse possibili.

1. Un uomo temprato alla corte

Lisandro de Carvajal y Cifuentes non è un nobilotto qualunque. Duca per due volte — di Carvajal e di Cifuentes —, gentiluomo di camera e confidente del sovrano, detiene uno status quasi intoccabile nell’aristocrazia. Si narra che i suoi giardini in Mancha non abbiano nulla da invidiare a Versailles o alla Granja, e che nei suoi saloni si siano prese decisioni cruciali per il regno. La sua ricchezza e influenza gli consentono di tessere alleanze e plasmare destini: non è un “ospite”, è un dominus intenzionato a governare La Promessa.

2. Legami famigliari e lo scandalo di Martina

Quando Lisandro varca il cancello del palazzo, riemerge un antico dissidio: quello fra i Carvajal–Fuentes e i Luján. Ancor prima del suo ingresso in scena, era stato stretto un patto — per riparare l’onore ferito da un bacio scandaloso -: suo figlio Antonio avrebbe sposato Martina Luján. Martina, in una garden party reale, aveva ceduto all’ebbrezza e baciato Antonio, suscitando lo sdegno dell’alta società. La ragazza era fuggita a Parigi a studiare moda, mentre la cugina la sostituiva a corte.

In quell’intervallo, Lisandro, fedele al suo ruolo di capofamiglia, aveva siglato un matrimonio di convenienza per cancellare l’oltraggio: Antonio sarebbe tornato a La Promessa e avrebbe preso in moglie Martina. Il matrimonio, tuttavia, non si celebrò mai. Libera dall’imposizione, Martina respinse Antonio, rifiutando un accordo fondato sul sacrificio e sull’onore famigliare. L’annullamento del fidanzamento generò uno scossone: tra pettegolezzi e parlatoi, mise in dubbio l’affidabilità dei Luján.

3. Un rancore che si fa vendetta

Immaginate Lisandro, udito il brusio nei corridoi del regno: i suoi e i Luján, uniti da una promessa infranta. In una società in cui la reputazione è merce preziosa, l’alleanza tradita minacciava il favore regio. Per Lisandro non si trattava solo di un torto privato: era un affronto politico che ridimensionava il potere dei Carvajal–Fuentes rispetto agli Infanti e al Duca di Carril.

A peggiorare le cose, lo scandalo si arricchì di nuovi capi d’accusa: l’omicidio di Hann in eremitaggio, la bastardità di Curro — un figlio sottratto con violenza — e le congiure che avevano avvelenato la corte dei Luján. Una congerie di vergogne che Lisandro non dimenticò, e che spiega la sua venuta: non un’oziosa visita, ma un’operazione di purga e giustizia regia.

4. Leocadia, bersaglio privilegiato

Leocadia, finora regina di corte a La Promessa grazie all’astuzia e alle elargizioni, scopre in Lisandro un avversario temibile: non un ospite, bensì un emissario reale incaricato di tutelare l’onor del trono. Le voci dei “fantasmi reali” cessano: la Corona punta qui i suoi guardiani e Leocadia si trova sotto tiro.

Con la scusa di «revisione gestionale», Lisandro imporrà norme severissime: ispezioni di ogni quaderno contabile, revoca di incarichi e nomine di uomini di fiducia. Ha l’autorità di destituire, esiliare o accusare. In qualità di Mano Destra del Re, porta un mandato esplicito: colpire chi ha compromesso la dignità regia.

5. Le sue strategie: dal silenzio alla condanna

Prevediamo tre fasi nel suo piano:

  1. Indagine discreta

    • Raccoglie documenti, ascolta confidenze e ingaggia informatori mascherati da giardinieri o cuochi, per dissotterrare verità occultate.

  2. Ristrutturazione interna

    • Con dati alla mano, epura il personale lealista a Leocadia: cambia il maggiordomo, sostituisce servi fidati e piazza uomini propri, giustificandolo come “volontà regia”.

  3. Esilio o infamia

    • Chi si oppone verrà invitato a ritirarsi con un «licenziamento onorevole», confisca di beni e perdita del titolo, trasformando i Luján in fuorilegge nobiliari.

6. Le contromosse di Leocadia

La contessa non è del tutto priva di sostegno: vanta alleati tra gli hidalgos minori e simpatizzanti tra i dignitari locali. Potrebbe inviare missive segrete alla regina, appellandosi alla vecchia lealtà dei Luján; oppure, attivare la misteriosa Società della Rosa, smascherando gli eccessi di Lisandro. Ma con Alfonso XI in gioco, le sue carte nelle mani sono poche.

Leocadia potrebbe organizzare un matrimonio forzoso, ostacolando Lisandro; oppure, puntare sul consenso popolare mediante la carità, ospitando mendicanti e sostenendo villaggi affamati. Ottiene così favori «dal basso» ma Lisandro agisce con rapidità e in modo legale.

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7. Lo scontro finale: duello di potere

Immaginate il Salone dei Tapices: Leocadia riceve l’aristocrazia «espulsa» per ordine di Lisandro. Sguardi di sfida, cortigiani in tensione: chi convincerà il re? Lisandro, leale fino all’obiettivo, mostrerà ad Alfonso XI prove schiaccianti: il bacio proibito, l’annullamento nuziale, gli omicidi, il sequestro di Curro.

Di fronte all’imbarazzo regale, non resterà che firmare la cacciata dei Luján. Un colpo di penna e Leocadia sarà bandita, privata di dignità e posti di comando, confinata in un convento o in un palazzetto isolato.

8. Epilogo: un destino già scritto

Pochissimi personaggi in La Promessa riecheggiano la tragedia classica come Lisandro. La sua comparsa non è un caso: è un atto di vendetta e di disciplina reale. Se Leocadia non troverà un protettore di rango pari — il Conte d’Ayala o un favorito del re — il suo regno finisce qui.

Il dubbio rimane: Alfonso XI consentirà a Lisandro di dettare le regole o imporrà un compromesso che salvi almeno l’immagine del palazzo? Qualunque sia l’esito, per Leocadia il prezzo da pagare sarà altissimo… e l’ombra di Lisandro incomberà sul regno come sentenza inappellabile.

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