La notte scese lentamente sulla tenuta de La Promessa, avvolgendo il palazzo in un silenzio ovattato, interrotto solo dal crepitio della legna nel camino e dal ticchettio regolare dell’orologio nel salone. Dietro quelle mura, le apparenze restavano intatte, ma sotto la superficie si agitavano paure, ricordi e complotti.
Jana, nella sua nuova stanza, osservava i mobili eleganti e la biancheria perfetta: un lusso che non le apparteneva. In mano teneva una foto sbiadita: lei e Maria, con la divisa da domestiche, sorridenti nel giardino. Un passato recente, eppure già lontanissimo. Un bussare leggero la distolse dai pensieri: era proprio Maria, con un’espressione incerta ma calorosa. Le due si abbracciarono con la tenerezza di chi ha attraversato tempeste diverse, ma resta unito dalla lealtà.
Per qualche ora, risero ricordando i vecchi tempi, finché il sonno le prese. Ma per Maria fu un riposo inquieto: sognò Manuel, nascosti tra le rose, il bacio che aveva sempre desiderato. Nel sonno, pronunciò il suo nome. Jana la zittì in fretta: passi lenti e precisi si avvicinavano. Petra. Maria si nascose dietro le tende, trattenendo il respiro, mentre Petra entrava con il suo sguardo indagatore. Un rapido scambio di parole e la governante uscì, lasciando però dietro di sé un’ombra di sospetto.
All’alba, Jana ordinò a Maria di andarsene prima che iniziasse il giro del personale. Ma Petra tornò inaspettatamente: il suo sguardo cadde su una divisa da cameriera, piegata sulla sedia. “Questo è ciò che sei sempre stata”, disse con disprezzo, prima di uscire. Jana sapeva che quella frase non era solo un insulto: era una minaccia.
Mentre Manuel le dimostrava comprensione, ricordandole l’importanza di non dimenticare le proprie origini, il palazzo ribolliva di tensioni politiche e personali. Nella biblioteca, Conte Ignacio e Lorenzo discutevano come generali prima di una battaglia. La rimozione del capitano Aala era avvenuta, ma la vendetta di quest’ultimo non si sarebbe fatta attendere. Infatti, Aala comparve di persona, promettendo a Lorenzo che la verità lo avrebbe raggiunto. La minaccia calò come un gelo nella stanza.
Intanto, Jana fu convocata dalla marchesa Cruz. Apparentemente gentile, Cruz le offrì una governante personale per “plasmarla” come una vera signora. Jana comprese subito che non era un’offerta, ma un vincolo. La conversazione la lasciò con la netta sensazione di trovarsi in una gabbia dorata.
Quella sera, a cena, Cruz mise in atto una prova sottile: servì gamberi, sapendo della sua allergia, e lasciò che gli ospiti facessero commenti velenosi sul suo passato da serva. Jana, umiliata, lasciò la sala, trovando conforto solo nelle parole di Manuel, che le promise sostegno. Ma il loro legame restava fragile, minacciato da ogni mossa sbagliata.
Il giorno seguente, la nuova governante arrivò: Soledad, alta, elegante, dallo sguardo severo. La sua presenza annunciava un nuovo capitolo di controllo e manipolazione.
Ma il vero colpo di scena si celava altrove. Durante una visita forzata nella camera della marchesa, Jana notò un dettaglio inquietante: dietro un grande quadro di Cruz, leggermente staccato dalla parete, si intravedeva il bordo di un piccolo sportello segreto. Cruz, accorgendosi del suo sguardo, fece un passo deciso davanti al quadro, coprendo l’angolo visibile. Il sorriso della marchesa era impeccabile, ma i suoi occhi tradivano una scintilla di allarme.
Quel quadro, forse, nascondeva qualcosa che poteva cambiare le sorti di tutti: un documento, un oggetto, o forse la prova di un crimine. Jana comprese di aver visto più di quanto avrebbe dovuto.
Da quel momento, ogni parola, ogni sguardo di Cruz verso di lei cambiò sfumatura. Non era più solo un “ospite” sotto osservazione: ora era una testimone potenzialmente pericolosa. E Jana sapeva che, per sopravvivere, avrebbe dovuto scoprire cosa celava quel quadro… prima che fosse troppo tardi.