La grande festa al palazzo per celebrare il nuovo titolo di Adriano si avvicina come una tempesta annunciata. Per molti ospiti è solo un evento mondano tra luci e champagne, ma per lui è un campo minato. La mattina stessa, chiuso nella sua stanza, Adriano guarda il proprio riflesso allo specchio con occhi inquieti. La cravatta è ancora slacciata, e ogni gesto rivela il peso delle aspettative che grava sulle sue spalle. Catalina entra silenziosa, lo osserva, e percepisce subito il suo turbamento.
«Non so se è una buona idea», mormora Adriano con voce bassa. «Forse dovrei rinunciare… tutto sta succedendo troppo in fretta.» Catalina sorride con fermezza, gli posa una mano sul braccio e lo ricorda di essere l’uomo che, tempo prima, aveva salvato tutti durante il battesimo dei gemelli in un momento di puro caos. «Sei un eroe, Adriano. Meriti questo titolo più di chiunque altro qui dentro.»
Le sue parole, calde e sicure, iniziano a penetrare nelle difese di Adriano. Ma mentre lui cerca di convincersi, altrove nel palazzo Leocadia e Lorenzo tramano. In una sala appartata, discutono con toni bassi: l’obiettivo è semplice ma letale—umiliare Adriano davanti a tutti, macchiare per sempre l’immagine di Alonso, e aprire così la strada alla loro conquista del potere. Petra, la governante, è attesa come un’arma segreta: conosce ogni debolezza della famiglia e sarà decisiva per distruggerla.
Un rumore improvviso interrompe la loro conversazione. Una figura fugace scompare dietro l’angolo. Leocadia si avvicina alla porta e trova un fazzoletto ricamato con l’iniziale “A”: appartiene ad Angela, cameriera fidata di Giana. Se ha ascoltato, il piano è in pericolo. «So come metterla a tacere», sussurra Leocadia con tono gelido, gelando il sangue di Lorenzo.
Intanto, nel salone principale, i preparativi raggiungono il culmine. Candelabri d’argento riflettono mille bagliori, il profumo dei fiori freschi si mescola a quello del vino rosso, e i musicisti provano un valzer elegante. Alonso, impeccabile, saluta gli ospiti, ma lancia occhiate frequenti ad Adriano, percependo la sua tensione. Dal balcone interno, Leocadia e Lorenzo lo osservano come predatori.
Lisandro, nel frattempo, ha aggiunto un tocco finale al loro piano: il bicchiere di Adriano conterrà un vino insolitamente forte. Basteranno pochi sorsi per confondere un uomo già insicuro. Il destino, secondo loro, è già scritto.
Ma il copione inizia a incrinarsi. Cercando Lisandro per un consiglio sull’abbigliamento, Adriano si avvicina alla sala dove si trovano lui e Leocadia… e resta fermo davanti alla porta socchiusa. Le parole che sente lo colpiscono come colpi di lama: «Quella festa sarà lo scenario perfetto per la sua figuraccia. Quando cadrà, Alonso sarà finito.»
Il cuore di Adriano accelera. Sente il sangue ruggire nelle orecchie. Si allontana in silenzio, con il volto impallidito e i pugni serrati. Il dolore del tradimento si trasforma, lentamente ma inesorabilmente, in un fuoco di vendetta. Si ferma davanti a una finestra illuminata dalle lanterne del giardino e capisce che ha una scelta: lasciarsi spegnere o bruciare più forte. Quando Giana lo incontra nel corridoio e gli chiede se sta bene, lui sorride appena. «Sto bene… o almeno lo sarò presto.»
Il tempo della festa arriva. Gli ospiti entrano nel salone, le dame sistemano le gonne, i gentiluomini lisciamo i guanti, e le conversazioni si mescolano alla musica. Quando viene annunciato il nuovo conte, un applauso cortese riempie l’aria. Alonso gli rivolge un cenno d’incoraggiamento. Adriano inizia il discorso, ma la voce trema, confonde un nome illustre, tossisce nel momento meno opportuno. Un paio di risatine si diffondono. Dal fondo della sala, Lisandro e Leocadia si scambiano un sorriso compiaciuto.
Eppure, proprio allora, qualcosa cambia. Adriano inspira profondamente, la postura si raddrizza, lo sguardo si fa fermo. «Signore e signori,» continua con voce più sicura, «questa sera non è solo per celebrare un titolo. È per celebrare la verità.» Leocadia s’irrigidisce. Lisandro corruga le sopracciglia.
Adriano prosegue: «Molti di voi credono che io sia qui solo come genero del marchese, un uomo inesperto pronto a inciampare. Ma questa sera… ho sentito dire cose che devono essere condivise.» Un mormorio percorre la sala. Alonso lo guarda sorpreso, Catalina stringe il ventaglio tra le dita. Adriano estrae dalla tasca un piccolo fazzoletto di lino con una “A” ricamata.
«Questo appartiene a una cameriera che, poco fa, ha rischiato molto ascoltando una conversazione privata. Una conversazione in cui due persone—qui presenti—pianificavano non solo di umiliarmi, ma di distruggere il buon nome di Alonso e la dignità di questa casa.»
Un silenzio teso cade sul salone. Gli occhi di tutti si muovono tra Lisandro e Leocadia. Il duca prova a sorridere, ma Adriano lo trafigge con lo sguardo: «Lisandro, vuoi forse negare di aver detto che “quando Adriano cadrà, Alonso sarà finito”?»
Lisandro sbianca, cerca di replicare, ma Adriano lo incalza: «La nobiltà non è un titolo o un abito elegante. È onore. E chi complotta nell’ombra per distruggere la propria famiglia non merita di sedere a questa tavola.»
Mormorii più forti, visi scandalizzati, giornalisti che annotano freneticamente. Alonso appare combattuto tra lo shock e l’orgoglio. Catalina ha un bagliore di soddisfazione negli occhi.
Lisandro prova a ridere, ma la sua voce trema: «Queste sono solo… insinuazioni.» Adriano si volta verso gli ospiti, la voce ferma: «Se sono insinuazioni, perché tremi?»
Il colpo è assestato. L’atmosfera nella sala si rovescia: da attesa di umiliazione a curiosità febbrile. Alcuni invitati si allontanano da Lisandro e Leocadia, altri li fissano come se fossero già colpevoli. La musica tace.
Adriano alza il calice, stavolta con sicurezza: «Brindiamo, allora, alla verità. Perché stasera, il vero spettacolo non è la mia presunta caduta… ma la maschera che cade a chi voleva farmi cadere.»
Scrosci di applausi, alcuni sinceri, altri cauti, ma tutti rivolti a lui. Lisandro e Leocadia restano immobili, prigionieri di un momento che non avevano previsto. La loro trappola si è chiusa… ma non sull’uomo che volevano distruggere.
E Adriano, tornando a sedersi, sa che questa è solo la prima mossa di una partita che ha appena deciso di giocare a modo suo.