La Promesa: Catalina scopre la culla vuota di Andrés

La luce dell’alba illuminava il palazzo de La Promesa, dove tutto era pronto per una giornata di festa. La cerimonia del battesimo del piccolo Andrés doveva essere un momento di gioia familiare, simbolo di speranza in mezzo alle ombre recenti. Ma quella gioia si trasformò bruscamente in orrore quando Catalina, madre devota e premurosa, entrò nella stanza dei bambini… e trovò la culla di suo figlio vuota.

Un grido soffocato le sfuggì dalle labbra, carico di terrore viscerale. Sembrava che la sua anima si staccasse dal corpo mentre correva verso la culla, scuotendo la copertina con disperazione, come se il bambino potesse materializzarsi tra le pieghe. Ma non c’era traccia di Andrés. La sua scomparsa segnò l’inizio di una tragedia destinata a cambiare per sempre la vita di tutti a La Promesa.

Il marchese Alonso, tanto imponente quanto sempre, crollò alla notizia. Con la voce spezzata dalla rabbia e dalla paura, ordinò di chiudere tutte le porte del palazzo: nessuno doveva entrare né uscire. Gli ordini erano chiari, quasi militari. Rómulo e Curro dovevano perlustrare ogni angolo del luogo, dalle camere da letto alle stalle, dai giardini alle cantine più nascoste. “Non può essere svanito nel nulla”, ruggì Alonso, mentre il caos si diffondeva come una fiamma viva in ogni angolo del palazzo.

I domestici si accalcavano nei corridoi, pallidi come cera, senza comprendere appieno la gravità della catastrofe. María Fernández, abituata a scontrarsi con Petra, mise da parte ogni ostilità davanti alla gravità della situazione. Pía, ancora scossa dal destino oscuro di Yana, intuì che qualcosa di ancora più sinistro stava accadendo.

Nel mezzo della confusione arrivò Curro, sudato, da un’altra parte del palazzo. Catalina, con le lacrime che le rigavano il volto stravolto, gli diede la notizia: suo figlio, il piccolo Andrés, era scomparso. E nel silenzio che seguì, un nome aleggiò nell’aria come un’eco maledetta: Eugenia.

Catalina l’aveva trovata sola con i bambini poco prima dell’accaduto, una scena che ora si colorava di sospetto. Curro decise di cercare sua madre, temendo ciò che avrebbe potuto trovare. La trovò nella sua stanza, mentre cullava un cuscino come se fosse un bambino, sussurrando una ninna nanna con lo sguardo perso.

“Mamma, hai visto Andrés?”, chiese Curro con voce dolce, cercando di mascherare il tremore. Eugenia lo guardò, gli occhi appannati da una nebbia di confusione. “Shhh… Andresito dorme”, mormorò, stringendo il cuscino. Emilia, che accompagnava Curro, cercò di intervenire con tatto, chiedendo se avesse portato il bambino a fare una passeggiata. Eugenia rispose con frasi sconnesse, menzionando Leocadia. “Dice che devo prendermi cura di loro… che sono fragili”, confessò tra le lacrime.

In quel momento, come evocata da una forza invisibile, Leocadia entrò nella stanza. Il suo volto era una maschera di compostezza, ma le mani tremanti che attorcigliavano un fazzoletto tradivano il suo nervosismo. Curro non perse tempo: “Dove si trova Andrés?”, chiese in modo diretto. Leocadia assicurò di aver visto i bambini dormire poco prima, ma qualcosa nel suo atteggiamento accese l’allarme. Perché era così inquieta?

Nel frattempo, il resto del palazzo ribolliva di voci e sguardi sospettosi. Petra, ancora segnata dallo scandalo con padre Samuel, si manteneva nell’ombra, ma i suoi occhi osservavano ogni movimento. Lo stesso Samuel mormorava preghiere, non più per la sua anima, ma per la vita dell’innocente scomparso.

Martina, tormentata dai sospetti su Jacobo e i suoi possibili legami con Lisandro, si sentiva ancora più confusa. Osservava Jacobo, che sembrava guardare tutto con un’inquietante calma. Qualcosa non tornava. Era possibile che lui sapesse più di quanto lasciava intendere?

Con il passare delle ore, le emozioni si intensificavano. La paura si mescolava al senso di colpa, il sospetto alla disperazione. Tutti potevano essere colpevoli, tutti avevano dei motivi, dei segreti, delle ragioni per tacere.

E mentre il mistero si infittiva, la figura di Leocadia si faceva sempre più oscura. Che ruolo aveva realmente nella vita di Eugenia? Cosa sapeva sui bambini? Il suo nome ormai era un sussurro costante nei dialoghi sussurrati a mezza voce. Alcuni la vedevano come una serva leale; altri, come una presenza inquietante che appariva sempre nei posti sbagliati al momento sbagliato.

La ricerca di Andrés non era solo una corsa contro il tempo, ma anche una rivelazione dolorosa. Segreti a lungo sepolti cominciavano ad emergere, rivelando le fratture nascoste sotto l’apparente perfezione de La Promesa. La scomparsa del bambino era solo l’innesco di una catena di eventi che, una volta cominciata, non poteva più essere fermata.

L’intero palazzo, con i suoi corridoi dorati e la sua storia illustre, si era trasformato in una prigione emotiva dove tutti erano prigionieri dell’incertezza. Catalina non smetteva di ripetere il suo nome: “Andrés, mio bambino… dove sei?” Nel frattempo, le pareti ascoltavano, i ritratti sembravano osservare, e una presenza invisibile — e forse malintenzionata — si aggirava nell’ombra.

È stata una distrazione? Una vendetta? O l’inizio di un piano molto più oscuro, che usava la scomparsa di un innocente come primo passo di una strategia terrificante?

La risposta si nascondeva tra sussurri, pianti soffocati e silenzi più eloquenti di qualunque parola. Ma una cosa era certa: La Promesa non sarebbe mai più stata la stessa. Catalina, Leocadia, Eugenia, Alonso… tutti erano intrappolati in un gioco in cui la verità si celava dietro maschere di apparente sanità mentale, e la culla vuota di Andrés era solo il primo passo verso l’abisso.

E mentre le campane del battesimo restavano appese, senza suonare, la promessa di un nuovo inizio si trasformava in un giuramento oscuro: scoprire la verità, a qualsiasi costo.

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