ATTENZIONE SPOILER! Questa sezione approfondisce uno dei momenti più strazianti di Hercai – Amore e vendetta. Procedi con cautela se non hai ancora visto la scena!
La scena si svolge in un silenzio solenne, permeato da un dolore insopportabile che aleggia pesantemente nell’aria. Reyyan e Miran, i loro volti segnati da profonda tristezza, stanno insieme, uniti nella loro comune perdita. L’angoscia è quasi palpabile mentre Reyyan, con voce tremante, pronuncia: “Non voglio farlo, Miran.”
Miran, ugualmente distrutto, risponde, la voce spessa di emozione: “Reyyan, anche il mio cuore fa male. Sto soffrendo anche io per il tuo dolore. Non è solo tuo.” Cerca di consolarla, di condividere il fardello, ma il dolore di Reyyan è crudo e assoluto. “Hai portato quel bambino dentro di te,” continua, riconoscendo il legame unico che lei aveva. Eppure, il dolore di Reyyan è troppo immenso per essere facilmente alleviato. “Ma è per questo che questo dolore non scomparirà mai. È per questo che questo non mi farà dimenticare il mio bambino, Miran.”
Miran, sempre il pilastro di forza e supporto per Reyyan, la rassicura: “Certo che non lo dimenticheremo. Non lo dimenticheremo.” Poi la esorta dolcemente ad affrontare il suo dolore, sapendo che sopprimerlo prolungherà solo la sua agonia. “Ma non puoi tenere questo dolore dentro di te, Reyyan. Non puoi portare questo peso per sempre. Mentre sei eccitata e felice per uno, non puoi soffrire per l’altro. Sarebbe ingiusto per chi è morto e per chi è sopravvissuto.” Le sue parole accennano a un complesso paesaggio emotivo, forse prefigurando eventi futuri in cui gioia e dolore coesisteranno.
Reyyan, consumata dalla disperazione, prova un profondo senso di tradimento. “Non facevo altro che pregare per tutti gli esseri che amo,” si lamenta, la voce piena di una rassegnazione disperata. “Ora non ha senso. Le mie preghiere non hanno raggiunto la loro destinazione.” La scena si sposta per rivelare una lanterna luminosa, simbolo di speranza e desideri. Miran ne conferma lo scopo: “Sì, è una lanterna dei desideri, ma non siamo qui per esprimere desideri. Siamo venuti qui per mandare il nostro bambino in cielo come un angelo.”
Ma Reyyan, intrappolata nel suo dolore, può vedere solo la cruda realtà della loro perdita. “Questa è solo una lanterna,” sussurra, la voce appena udibile. “Ma nostro figlio è morto. È morto. È morto.” La parola ripetuta riecheggia la definitività della loro tragedia, un ritornello inquietante che trafigge il cuore. Miran, con una tenerezza straziante, cerca di guidarla attraverso il dolore. “Dobbiamo provarci, Reyyan. Possiamo farcela.”
La coppia sta in un momento di profondo silenzio, circondata dal peso schiacciante della loro perdita. Reyyan poi parla, la sua voce piena del desiderio e del dolore di una madre. “Oh, profuma di angelo. Sei rimasto con noi per così poco tempo. Non abbiamo nemmeno potuto vedere il tuo viso, i tuoi capelli, i tuoi occhi, le tue mani. Chissà a quale di noi due saresti assomigliato.” Le sue parole dipingono un quadro vivido di un futuro che non sarà mai, un bambino immaginato ma mai veramente conosciuto.
Poi condivide una preghiera segreta che le stava a cuore. “Ho sempre pregato segretamente. Speravo che avresti avuto gli occhi di mio padre, che gli avresti assomigliato. Ma avrei dovuto chiedere di preservare la tua anima, figlio mio, di chiedere per la tua salute. Pensavo che fosse la cosa giusta. Pensavo che fosse la cosa giusta, ma non lo era.” Questa rivelazione delle sue speranze silenziose aggiunge un altro strato di struggimento, evidenziando la profondità dei suoi sogni per il loro bambino. Parla dei sogni che aveva, dei conforti tangibili che aveva immaginato: “Sognavo come sarebbe stata la tua coperta. Sognavo come sarebbe stato il tuo cuscino.”
Infine, con il cuore pesante, rilasciano la lanterna nel cielo, un gesto simbolico per mandare il loro amato bambino in cielo. “Addio, piccolo mio,” sussurra Reyyan, le lacrime che le scorrono sul viso. “Non ti dimenticherò mai. Dio ti aveva messo nelle mie mani. Ora sei nelle mani di Dio. Vai, gioca con gli angeli. Non pensare a noi. Va bene. Addio, figlio mio.” La musica si gonfia, amplificando l’emozione pura del momento mentre la lanterna sale, portando il loro amore e dolore inespressi.
Mentre la lanterna scompare dalla vista, Miran si volta verso Reyyan, la voce spessa di rimorso e una nuova determinazione. “Reyyan. Reyyan, mi scuso con te. Ti chiedo perdono. Hai ragione. Avrei dovuto essere con te.” Poi fa un solenne giuramento, una promessa di essere un partner migliore e un padre più forte. “Ma ti giuro che d’ora in poi non sarò un uomo, non sarò un uomo che soccombe al suo dolore e alla sua rabbia. Mai più, non lo sarò mai. Proprio come ora ho dovuto imparare a essere un figlio, imparerò anche a essere un padre. Ma non ti lascerò mai sola. Mai. Mai. Mai.”