Un urlo straziante squarcia il silenzio di una famiglia tormentata: Aslan si sente un estraneo, un intruso in un mondo che avrebbe dovuto appartenergli. Nonostante l’apparente cordialità con Miran, la cena che avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità di riconciliazione si trasforma in una dolorosa resa dei conti.
La sua speranza di ricostruire un legame familiare si sgretola davanti all’indifferenza di Azize. “Sai perché volevo questa cena, nonna? Per capire se davvero possiamo essere una famiglia dopo tutto questo tempo,” confessa con la voce incrinata dalla sofferenza. Ma la risposta che riceve non è quella che sperava. Trenta anni di distanza hanno scavato un solco incolmabile, e Aslan si rende conto che nulla cambierà.
Mentre Azize cerca di convincerlo che il cambiamento è possibile, Aslan si ribella: “Io sono l’unico che ci sta provando! Sto cercando di esistere in un luogo al quale non appartengo!” La sua disperazione cresce, e la domanda che lo tormenta da una vita esplode con tutta la sua intensità: “Perché non mi hai voluto, nonna? Perché io ero un peso per te?”
Il dolore si trasforma in un gesto estremo. “Sai cosa ho pensato da quando mi sono seduto a questa tavola? Se fossi cresciuto qui, come Miran, mia madre mi avrebbe amato? Mia sorella sarebbe stata gelosa di me? Avrei avuto una vera famiglia?” La disperazione lo travolge, e in un attimo Aslan è sul punto di compiere un gesto irreparabile.
“NO! Figlio, non farlo!” implora Sultan, terrorizzata. Ma Aslan è ormai in un abisso di sofferenza da cui sembra non esserci via d’uscita. Riusciranno a salvarlo prima che sia troppo tardi?