La forza di una donna, spoiler Turchia, Sirin prima del trapianto: “Sarò una vera sorella”
L’ospedale era avvolto in un silenzio che pareva sospendere il tempo. Sul letto, Bahar respirava a fatica. Il suo volto pallido, i capelli spettinati e gli occhi velati di stanchezza raccontavano una battaglia già lunga. Accanto a lei, Doruk e Nisan le stringevano le mani con la forza disperata di chi teme di perdere l’amore più grande. Ogni istante che passava erodeva la speranza.
Quando la dottoressa Jale entrò nella stanza, lo sguardo grave ma determinato fece intuire a tutti che stava per pronunciare parole decisive:
— Abbiamo trovato un donatore compatibile. È… Sirin.
Il gelo cadde sui presenti. Sirin, la sorella da cui Bahar aveva preso le distanze, la stessa che aveva tradito la sua fiducia più volte, si rivelava l’unica possibilità di salvezza. Enver, con la mano tremante sul viso, sussurrò:
— Dobbiamo trovarla subito…
Piril, fino a quel momento silenziosa, confessò di averla vista pochi giorni prima, nervosa, uscire dall’appartamento di Suat. L’indizio bastò a Sarp, che corse via dall’ospedale come se il tempo stesso lo stesse inseguendo.
Davanti alla porta di Suat, Sirin aprì e il suo sorriso distorto dall’ossessione comparve subito:
— Sarp, sei venuto per me?
— No, sono venuto per Bahar. Sta morendo, e solo tu puoi salvarla.
Il potere di avere tra le mani la vita della sorella la inebriava. Sirin chiese:
— E cosa ci guadagno?
Il compromesso che impose era chiaro: tempo da sola con Sarp, senza Piril, “come una volta”. Sarp, lacerato, accettò. Sirin sorrise trionfante:
— Allora preparati… ma prima andiamo in ospedale.
Durante il tragitto, lo guardava con quegli occhi pieni di desiderio e rabbia. Era pericolosa, imprevedibile, ma l’unica in grado di salvare Bahar. All’arrivo, Jale e il personale medico la presero in carico. Prima di lasciarsi condurre, Sirin mormorò a Sarp:
— Ricordati la promessa.
Un incontro inaspettato
Nella stanza di Bahar, Enver vegliava su di lei. Quando Sirin apparve, il silenzio si riempì di tensione.
— Perché dovrei aiutarti? — chiese con le braccia incrociate.
— Perché è tua sorella, e i tuoi nipoti hanno bisogno di lei, — rispose Sarp.
Sirin si avvicinò al letto:
— Ti salverò, ma non solo con il mio midollo. Dopo, sarò una vera sorella.
Bahar, tra le lacrime, accettò quell’impegno fragile. L’abbraccio che seguì fu breve, ma capace di scalfire anni di rancore. Fuori dalla stanza, Sarp osservava con un misto di sollievo e inquietudine: aveva stretto un patto col diavolo, ma forse stava riaccendendo una scintilla di speranza.
Il giorno del trapianto
All’alba, Sirin chiese di vedere Bahar ancora una volta:
— Forse era destino, — disse, stringendole la mano. — Questa è la mia occasione per rimediare.
I saluti con Doruk e Nisan furono strazianti. “Mamma, torna presto”, “Tu sei la più forte”… parole che Bahar portò con sé entrando in sala operatoria.
L’intervento durò ore. In sala d’attesa, Enver, Piril, Sarp e i bambini aspettavano in silenzio, temendo ogni rumore di passi. Quando Jale uscì annunciando che “è andato tutto bene”, un’ondata di sollievo travolse tutti.
Una nuova possibilità
Nei giorni successivi, Bahar e Sirin si ritrovarono spesso insieme. Sirin, senza trucchi né maschere, parlava piano, leggeva ai bambini, guardava vecchie foto. Forse non era solo un modo di passare il tempo: stava costruendo un legame mai esistito.
Un giorno, mostrando a Bahar un disegno di Doruk con scritto “Mia madre e mia zia, due eroine”, Sirin disse:
— I bambini hanno un cuore più puro del nostro. Forse dovremmo imparare da loro.
Persino Sarp, pur mantenendo le distanze, non poteva negare che qualcosa stesse cambiando. Enver, vedendola uscire dalla stanza, la chiamò “figlia mia”: parole semplici che fecero tremare Sirin più di qualsiasi rimprovero.
Quando Bahar lasciò l’ospedale, Sirin esitò sulla soglia. Fu Nisan a prenderle la mano:
— Vieni con noi.
E per la prima volta, Sirin non si sentì un’estranea.