Spoiler narrativo: un viaggio nel tempo nel cuore de La Promesa, tra polvere, treni e segreti dell’alta società.
INTRODUZIONE: LA PROMESSA NON ERA COSÌ LONTANA… MA NEL 1916 SÌ
Oggi basta un clic, una scena ben girata e siamo già al Palazzo di Luján, immersi nei drammi, nei segreti e negli amori della nobiltà spagnola. Ma nel 1916? Raggiungere La Promesa era un’impresa. Un’odissea in piena estate, con 40 gradi all’ombra, senza aria condizionata, tra scossoni, polvere e sudore.
Hai mai immaginato di essere uno dei personaggi della serie e dover percorrere mezza Spagna per arrivare a quel palazzo incastonato nella Valle de Los Pedroches? Questa è la nostra cronaca: passo dopo passo, come si viaggiava da Madrid a La Promesa più di un secolo fa.
I. PARTENZA DA MADRID: UN’ODISSEA SU BINARI
Il viaggiatore del 1916 iniziava presto il suo percorso, forse il 4 o 5 agosto. Prima tappa: la Stazione del Mediodía a Madrid. Con valigie, cappelli di paglia, guanti da viaggio e fazzoletti per coprirsi dal polverone, si saliva a bordo di un treno Correo o Expreso, diretto a Córdoba.
Il treno Expreso era più veloce, ma costoso. Il Correo, più lento e popolare, era la scelta di molti. Il viaggio durava fino a 17 ore, con fermate a Aranjuez, Ocaña, Alcázar de San Juan, Valdepeñas, Linares, Andújar, e altre ancora.
La terza classe costava solo 92 reales e 50 centesimi, ma il prezzo si pagava in scomodità: sedili in legno, finestre spalancate alla polvere, nessuna carrozza ristorante. Fermate come Manzanares o Linares erano vitali per comprare cibo, acqua, o allungare le gambe.
II. FERMATA A CÓRDOBA: HOTEL DI LUSSO O MODESTE PENSIONI
Dopo una giornata estenuante, molti viaggiatori — soprattutto quelli di buona famiglia — decidevano di fermarsi una notte a Córdoba. I più ricchi soggiornavano al Hotel Suizo o al Regina, mentre chi aveva meno mezzi cercava alloggio in pensioni nel centro storico.
Alcuni cenavano nella Plaza de las Tendillas, altri si concedevano una passeggiata tra le vie antiche, o una visita alla Moschea, prima di ripartire. In quegli anni, una lettera di raccomandazione era spesso essenziale per accedere a certe locande: poteva fare la differenza tra un letto pulito e una notte sotto le stelle.
III. VERSO LA VALLE DE LOS PEDROCHES: L’AVVENTURA CONTINUA
Da Córdoba al paese di Luján, sede del palazzo de La Promesa, il viaggio era tutt’altro che semplice. Il modo più elegante? Affittare un’automobile con autista. Alcune locande o famiglie locali offrivano questo servizio a nobili e ricchi visitatori.
Ma la strada era sterrata, piena di pietre, e le macchine spesso si guastavano. Per chi non poteva permetterselo, c’erano solo la diligenza o il carro postale. I cavalli avevano bisogno di soste frequenti, e a ogni “posta” si cambiavano gli animali e i cocchieri.
Durante queste pause, si poteva mangiare in piccole osterie rurali, riposare presso eremi o parlare con contadini, pastori, e bambini scalzi che salutavano i passanti in cerca di una moneta.
Il paesaggio era quasi un personaggio a sé: colline, sentieri polverosi, greggi di pecore, donne con brocche d’acqua sulla testa. Era una Spagna ancora antica, immobile, lontanissima dalla modernità della capitale.
IV. L’ULTIMO TRATTO: DAL PAESE AL PALAZZO
Ma arrivare a Luján non significava essere giunti a destinazione. Il Palazzo de La Promesa si trovava ancora a mezza lega (circa 2,5 km) dal centro del paese. Camminare? Impensabile. I nobili noleggiavano una carrozza o cercavano un cavallo.
Non si poteva arrivare al palazzo sudati e coperti di polvere. L’apparenza era tutto.
Nonostante fosse un borgo remoto, Luján non era privo di fascino: aveva un casino, gioiellerie, e botteghe di lusso. Trovare un mezzo di trasporto non era difficile… se si avevano contatti e denaro.
V. L’ARRIVO: IL TEMPO SI FERMA
Quando finalmente si varcavano i cancelli del palazzo, il viaggio fisico finiva… ma iniziava quello emotivo. Chi metteva piede a La Promesa, diventava parte del dramma. Nessuno se ne andava indenne.
Intrighi familiari, tensioni sociali, segreti sepolti: tutto prendeva vita proprio lì, tra corridoi eleganti e sguardi sospettosi.
Oggi, noi spettatori lo viviamo in pochi minuti sullo schermo. Ma nel 1916, un viaggio simile poteva durare tre o quattro giorni, tra attese, imprevisti e il ritmo lento del mondo di allora.
RIFLESSIONE FINALE: “LA PROMESA” COME DESTINAZIONE E COME SIMBOLO
Viaggiare verso La Promesa nel 1916 non era solo cambiare luogo. Era entrare in un altro tempo. Un mondo dove le gerarchie sociali erano rigide, le apparenze fondamentali, e ogni passo era regolato da etichette, convenzioni e silenzi.
Era un viaggio tra cappelli di paglia, carrozze traballanti, lettere di presentazione e attese nelle ventas rurali.
E così, la prossima volta che vedrai Martina, Margarita o Fernando varcare le porte del palazzo, pensa a quanto lungo, polveroso e faticoso sarebbe stato per loro arrivare fin lì… in carne e ossa.
E tu? Avresti fatto il viaggio? In prima classe o in terza? In auto di lusso o sul carro postale? Comunque sia, benvenuto a La Promesa: dove i viaggi sono lunghi… e le permanenze, eterne.
📍Il link con l’analisi completa, riferimenti storici e dati ferroviari è nel primo commento.