Preparatevi a un colpo di scena che vi lascerà senza fiato, cari fan de “La Promessa”! La tormentata Martina sta per rivelare un segreto sconvolgente che ha segnato profondamente il suo passato e che cambierà per sempre il suo presente e il suo futuro. Dopo un acceso scontro con il temibile Duca Lisandro, Martina si rende conto che la sua presenza a palazzo trasformerà la sua vita in un vero e proprio inferno. Lisandro, padre ferito e vendicativo, non fa alcuno sforzo per renderle le cose facili: la provoca e la umilia a ogni occasione, ricordandole costantemente il giorno in cui ha abbandonato il matrimonio con suo figlio Antonio. Ma la misura è colma. Martina, stremata, decide di affrontare il Duca, rivelando il vero e scioccante motivo per cui rinunciò a sposare suo figlio. Questa confessione non solo spaventerà tutti, ma provocherà una vera e propria svolta nella serie, innescando una serie di eventi imprevedibili.
Il Duca di Carval y Fuentes: Un’ombra Minacciosa
Tutto ha inizio quando il Duca di Carval y Fuentes decide di abbandonare ogni forma di cortesia e filtro nei confronti di Martina. La sua presenza a palazzo, già opprimente sin dal primo giorno, si trasforma in una costante minaccia silenziosa, un’ombra pesante che segue ogni passo della giovane. Sguardi glaciali, parole pungenti, battute cariche di veleno: ogni gesto del Duca diventa un’arma sottile ma micidiale. Lisandro non è soltanto un uomo potente; è un padre ferito nel profondo. E ai suoi occhi, Martina rappresenta l’unica e vera colpevole della rovina di suo figlio Antonio.
Quella mattina, l’atmosfera a “La Promessa” è densa di tensione, quasi palpabile. I domestici si muovono nervosamente tra i corridoi mentre le prime luci del giorno si insinuano tra le tende pesanti delle finestre dell’ala nobile. Con passo fermo e deciso, Lisandro si dirige verso la stanza di Martina. Non ha dimenticato e, soprattutto, non è disposto a perdonare. È deciso a ricordarle in ogni modo il dolore che le ha inflitto.
Lo Scontro e la Verità Inaspettata
Martina è ancora intenta a vestirsi quando due colpi secchi alla porta la fanno trasalire. Non ha nemmeno il tempo di rispondere. La maniglia gira con decisione e Lisandro entra. Il suo volto è impietrito, lo sguardo acceso di rabbia.
“Hai rinunciato a ogni diritto alla privacy nel momento esatto in cui hai distrutto la vita di mio figlio,” dichiara, richiudendo la porta con un tonfo che riecheggia nella stanza.
Martina si gira di scatto, gli occhi spalancati per lo spavento. “Che cosa sta facendo qui? Esca immediatamente dalla mia stanza!”
Ma lui non si muove. Inizia ad avanzare lentamente, lo sguardo fisso su di lei come una lama puntata al cuore. “Antonio non è mai più stato lo stesso dopo quello che gli hai fatto,” dice con voce grave, un filo di rabbia trattenuta in ogni parola. “Ti amava, si fidava di te, e tu lo hai lasciato all’altare come un animale randagio, come se non valesse nulla per te.”
Martina ingoia a fatica, la voce rotta. “Non ho mai voluto ferirlo. Né lui né nessun altro. Mi creda, Duca, anch’io ho sofferto tanto.”
“Tu soffrire?” ribatte lui, tagliando le sue parole come una frustata. “Non sai nemmeno cosa significhi. Mio figlio è stato ricoverato tre volte da quel giorno maledetto. Tre volte! E ogni volta tutto comincia allo stesso modo: lui che ti cerca, che grida il tuo nome nella notte, come se sperasse che tu potessi tornare a salvarlo.”
Martina abbassa gli occhi, lottando contro le lacrime che le bruciano. “Mi dispiace davvero. Non era mia intenzione causare tutto questo. Ero distrutta anch’io.”
Ma Lisandro non le lascia scampo. “Tu non provi nulla. Sei solo un guscio vuoto, una creatura fredda, egoista, codarda. Ma ti giuro che pagherai. Sentirai su di te ogni lacrima che lui ha versato, ogni notte passata a implorare un tuo ritorno.”
Martina alza il viso, scossa da una rabbia improvvisa ma ancora trattenuta. “Lei non ha il diritto di fare questo. Non può giudicarmi, minacciarmi, condannarmi per scelte che solo io conosco fino in fondo.”
Lisandro sogghigna con un sorriso che gela il sangue. “Invece sì, perché nessuno, nessuno al mondo farà giustizia per mio figlio. E allora ci penserò io.”
Martina prova ad andarsene, tentennando verso la porta. “Questa conversazione è finita. Esca.” Ma nel momento in cui la sua mano tocca la maniglia, sente la stretta violenta del Duca sul suo braccio. Lui la strattona, facendola barcollare, e chiude la porta a chiave con uno scatto secco e definitivo.
“Non ho ancora finito con te,” sussurra con voce minacciosa, profonda, quasi animalesca.
Martina indietreggia di due passi incerti, il cuore che batte all’impazzata, il terrore che le scorre nelle vene. “Se mi tocca anche solo con un dito,” dice con voce tremante ma carica di determinazione, “giuro che griderò e se ne pentirà per il resto della sua vita.”
Lisandro incrocia le braccia, quasi godendosi il suo spavento. “Pensi davvero che io abbia bisogno di umiliarmi fino a tanto, bambina? Io non voglio il tuo corpo, non mi interessa. Voglio solo che tu ricordi ogni giorno della tua vita cosa hai fatto, che senta sulla pelle il peso delle tue scelte.”
Lei lo guarda con occhi diffidenti, ancora sull’orlo delle lacrime. “Allora lasciami andare. Se davvero non vuole farmi del male, apra quella porta.”
Ma Lisandro si avvicina ancora, fino a sfiorarle il viso con il fiato. “Oh no, io sono proprio il tipo d’uomo che odia chi si nasconde dietro false lacrime. E tu? Tu hai mentito abbastanza. Non provocarmi, Martina.”
Martina serra i pugni con forza, lottando per non lasciarsi travolgere dalla rabbia. “Crede di sapere tutto,” pensa con il cuore che batte come un tamburo, “ma non conosce nemmeno la metà della verità. E un giorno, quando scoprirà tutto, dovrà ingoiare ogni parola velenosa che mi ha lanciato oggi.”
L’Arrivo di Curro e la Confessione Liberatoria
Lisandro la osserva, sorpreso da quel lampo di sfida nei suoi occhi, ma prima che possa replicare, la tensione è spezzata da tre colpi secchi e decisi alla porta, che risuonano come uno sparo nel silenzio carico della stanza. Martina spalanca gli occhi mentre Lisandro si volta lentamente verso la porta. La sua espressione, di nuovo imperturbabile, calcolata. “Chi è?”, chiede con voce fredda, come se niente fosse appena accaduto.
“Sono io, Curro,” risponde una voce decisa dall’altra parte, attraversata da una sottile vena di diffidenza. “Perché la porta è chiusa? Cosa sta succedendo là dentro?”
Lisandro accenna un sorriso ironico, quasi divertito, e apre la porta con naturalezza, con il gesto leggero e indolente di chi sta solo lasciando entrare un po’ d’aria in una stanza troppo chiusa. Curro appare sulla soglia, lo sguardo cupo, le braccia incrociate, il corpo irrigidito da un’inquietudine malcelata. I suoi occhi si posano subito su Martina, cogliendo i segni inequivocabili di ciò che è appena successo: il suo viso pallido, lo sguardo smarrito e il modo in cui si stringe le braccia intorno al petto, come per proteggersi da un nemico invisibile.
“Cosa stavate facendo qui dentro? Chiusi?” domanda senza giri di parole, fissando Lisandro con la fermezza di chi non ha intenzione di indietreggiare. Lisandro non perde il suo sorriso arrogante, alza un sopracciglio e sospira, infastidito da quell’interruzione. “Tu non sei nessuno per rivolgermi simili domande, ragazzo. Non devo spiegazioni al figlio bastardo del marchese.”
Curro sente il sangue ribollirgli nelle vene. I pugni si serrano d’istinto, ma si impone il controllo. Non è il momento di esplodere. “Martina, stai bene?” chiede, ignorando completamente l’uomo davanti a sé e rivolgendo tutta la sua attenzione alla ragazza.
Martina annuisce lentamente, incapace di parlare, la gola stretta dall’emozione, gli occhi colmi di lacrime. Quel gesto silenzioso dice tutto. Lisandro, vedendo la fragilità di lei e la tensione negli occhi di Curro, pare assaporare ogni sfumatura della scena. Poi esce dalla stanza con passo lento, avvicinandosi al giovane. “Preoccupati meno di me e più del tuo posto in questa casa,” sibila con disprezzo, dandogli una spinta sulla spalla nel passargli accanto, come se fosse solo un mobile da spostare.
Curro si volta, seguendolo con lo sguardo finché non sparisce dietro l’angolo del corridoio. Solo allora, liberata dalla sua presenza, l’aria sembra tornare respirabile. Si gira verso Martina, ancora immobile, le mani strette sul petto, lo sguardo perso in un punto indefinito. “Martina,” mormora con dolcezza, entrando piano nella stanza. Chiude la porta con delicatezza, senza girare la chiave, come aveva fatto Lisandro. Nessuna costrizione, solo rispetto.
Martina solleva lo sguardo e finalmente le lacrime scendono libere, senza freni. “Lui non mi ha fatto del male, Curro!” sussurra, ma la voce sembra voler convincere più sé stessa che lui. Curro si avvicina, l’espressione tesa, colma di apprensione. Poi si siede accanto a lei sul bordo del letto, abbassando la voce. “Ma ci ha provato in un altro modo. Ho visto il tuo viso e la paura nel tuo corpo.”
Martina tira un lungo sospiro, come se stesse liberando un peso che le opprimeva il petto da anni. Curro rimane lì vicino, in silenzio. Non servono parole. Le offre solo la sua presenza, il suo ascolto, e quel silenzio carico di comprensione è più potente di qualsiasi promessa. Martina gli sfiora la mano, gelida come la notte, e sussurra con voce rotta ma sincera: “Non devi parlare se non te la senti, ma sento che dentro di te c’è qualcosa che ti tormenta da troppo tempo, qualcosa che ti sta consumando giorno dopo giorno.” Poi si passa una mano tra i capelli sciolti, un gesto nervoso ma quasi liberatorio, come se cercasse un appiglio per non cedere alla marea che la sta travolgendo.
E quando riprende a parlare, la sua voce è impregnata di amarezza. “Odio quell’uomo, Curro. Odio Lisandro e tutta la sua famiglia. Non puoi immaginare quanto ho sofferto a causa loro.”
Curro la guarda, colpito dalla veemenza di quelle parole. C’è rabbia, sì, ma soprattutto dolore. Un dolore che grida da ogni sillaba. “Martina, che cosa ti ha fatto?” domanda, la voce colma di preoccupazione e rabbia contenuta. “Ti prego, raccontamelo. Devo saperlo. Devo capire.”
Lei solleva lo sguardo, cercando nei suoi occhi una sicurezza che non ha mai trovato in nessuno. E lì, in quello sguardo pulito e sincero, decide che è arrivato il momento. Inspira profondamente, come chi si prepara a lanciarsi nel vuoto. Poi inizia a parlare, la voce tremante, ma finalmente libera.
“Non l’ho mai raccontato a nessuno qui a ‘La Promessa’. Nemmeno ai miei zii. Neppure a Catalina, che per me è come una sorella. Ma a te sì. Di te mi fido, Curro. E credo sia ora. È arrivato il momento di liberarmi da questo peso.” Curro le stringe delicatamente la mano, un gesto silenzioso ma pieno di significato. È lì con lei. Martina abbassa lo sguardo, le labbra tremanti, gli occhi lucidi.
“Avevo 17 anni quando ho conosciuto Antonio. Sembrava perfetto, gentile, premuroso, il figlio ideale di una delle famiglie più rispettate. Lisandro, al contrario, è sempre stato freddo, altezzoso, ma Antonio, almeno all’inizio, mi sembrava diverso.” Le parole le escono lente, pesanti, come macigni. Ogni frase è una ferita riaperta.
Curro rimane in silenzio, rispettoso, lasciandole spazio. “Dopo il fidanzamento, qualcosa è cambiato. Piccole cose, apparentemente insignificanti: la sua gelosia, quel tono duro quando parlavo con altri, poi gli scatti d’ira, le umiliazioni davanti agli altri. Mi derideva, mi faceva sembrare stupida. E Lisandro rideva. Diceva che un uomo doveva sapersi imporre sulla propria donna.” Martina comincia a tremare. Curro le stringe un po’ più forte la mano, cercando di riportarla al presente, lontano da quei ricordi che la stanno inghiottendo. “Mi dicevano che era normale, che tutte le coppie passano momenti difficili, che dovevo sopportare, ma non migliorava, peggiorava soltanto.” Trattiene il fiato, cercando di dominare le lacrime che le bruciano agli occhi.
“Le prime aggressioni fisiche sono arrivate poco prima del matrimonio.” La voce le si incrina, le mani stringono il tessuto del vestito. “Mi spingeva, mi afferrava con forza. Ma il peggio erano le parole, quelle che ti scavano dentro e ti fanno dubitare di te stessa. Mi faceva sentire nulla. Diceva che senza di lui sarei stata invisibile, insignificante.” Solleva gli occhi verso Curro, e quello sguardo contiene un’intera vita di dolore non detto. “E Lisandro lo difendeva sempre. Diceva che dovevo comprenderlo, che era normale, che se fossi stata una brava moglie lui non avrebbe avuto bisogno di educarmi.” Le lacrime iniziano a scorrere, prima silenziose, poi incontenibili, come un fiume finalmente libero. Curro non dice nulla, le avvolge le spalle con le braccia e la stringe a sé con forza, come a volerla proteggere da ogni ricordo, da ogni ferita, da ogni parola mai detta.
“Martina, mio Dio,” sussurra, la voce inclinata dall’emozione, il cuore a pezzi per lei. Lei si aggrappa a lui per qualche istante, come se quel contatto potesse proteggerla da tutto il dolore che sta riaffiorando. Poi, con la voce spezzata dall’emozione, riprende a parlare. “Il giorno del matrimonio non ce l’ho fatta, Curro. Mi sono guardata allo specchio con quel vestito bianco addosso e ho capito che stavo per distruggere me stessa. Se avessi pronunciato quel sì, avrei condannato la mia anima a un’esistenza vuota, senza via d’uscita. Sarebbe stata la mia prigione per sempre.”
Curro, con infinita delicatezza, le accarezza la schiena, cercando di infonderle un po’ di pace in mezzo a quella tempesta interiore. “Così sono fuggita,” prosegue lei con un filo di voce. “Ho lasciato tutto alle spalle. La mia famiglia, la mia vecchia vita, tutto. Qui, a ‘La Promessa’, ho trovato rifugio. I miei zii mi hanno accolta e protetta. Ho provato a ricostruirmi, a respirare di nuovo, ma ora lui è tornato. Suo padre è qui e tutto il mio passato sta tornando a strangolarmi come una corda invisibile.”
Curro si sposta leggermente, le prende il viso tra le mani con infinita tenerezza, guardandola dritta negli occhi. La sua voce è decisa, priva di esitazione. “Hai fatto ciò che dovevi fare, Martina. Hai scelto la vita. Hai avuto il coraggio di salvarti. Non sei fuggita, hai lottato, e io sono fiero di te. Non sei debole, sei straordinaria.”
Martina abbassa lo sguardo, commossa, mordendosi il labbro per contenere l’emozione, ma dentro di sé sente riaccendersi una forza che credeva perduta. “Grazie, Curro,” sussurra. “Grazie per avermi ascoltata, per avermi creduta, per non avermi voltato le spalle.”
Lui le sfiora la guancia con le dita, asciugandole una lacrima silenziosa. “Mai più, Martina, mai più permettere a qualcuno di farti sentire meno di ciò che sei. Sei una donna forte e nessuno ha il diritto di spegnerti.” Lei sorride. Un sorriso fragile, timido, ma pieno di gratitudine. Curro però non riesce a trattenere la rabbia che gli ribolle dentro. “Quell’uomo, quel Lisandro, non merita nemmeno di camminare sul tuo stesso suolo.” Martina chiude gli occhi e posa la fronte sulla sua spalla, abbandonandosi per un attimo alla dolcezza di essere finalmente protetta, vista, compresa.
In quella stanza, un tempo segnata dall’umiliazione e dalla paura, ora si diffonde un silenzio nuovo: il silenzio della verità finalmente rivelata, il silenzio della fiducia. E di una promessa non detta: da quel momento in poi, nessuno avrebbe più osato ferire Martina.
Il Piano di Curro: Giustizia per Martina
Poco dopo, Curro si muove per i corridoi della tenuta con passo sicuro ma silenzioso, diretto alla cucina di servizio. Lì, una giovane cameriera è intenta a lavare le verdure. Curro si avvicina con discrezione, stringendo in mano un piccolo sacchetto di stoffa legato con un cordino. “Ho bisogno di un favore,” dice, tendendole il sacchetto.
La donna lo fissa perplessa. “Cos’è?”
“Erbe per una tisana particolare, molto amara, rilassante.”
Lei aggrotta la fronte, sospettosa. “E a chi dovrebbe essere servita?”
“Al Duca De Carval y Fuentes,” risponde lui senza alzare lo sguardo, ma con la voce ferma come acciaio. “Dille che è un dono della casa, una tisana di montagna per i nervi.”
La cameriera esita, chiaramente a disagio. “È sicura?”
Curro annuisce con convinzione. “Non farà del male, ma rallenterà i suoi pensieri, smusserà la sua arroganza. Forse gli farà chiudere gli occhi per un po’. Solo questo.” La donna lo scruta a lungo, poi annuisce con riluttanza. “Lo preparerò, ma non voglio problemi.”
“Non li avrai. Non saprà mai da dove arriva. Nessuno lo saprà, è solo giustizia.”
Mentre l’aroma delle erbe comincia a impregnare l’aria della cucina, denso e pungente, Curro sa bene che quella tisana non basterà a fermare un uomo come il Duca. Ma è l’inizio. Un primo passo, perché adesso che conosce la verità non troverà più pace finché non avrà smascherato Lisandro di fronte a tutti e, soprattutto, finché non avrà protetto Martina a qualunque costo.
Cosa ne pensate di queste scene così intense? Credete che Curro riuscirà davvero a smascherare il Duca e a proteggere Martina? Scrivetelo nei commenti, sono curiosissima di sapere la vostra opinione!