Nella puntata di Un posto al sole andata in onda l’8 aprile, Clara ha spiegato le ragioni che l’hanno spinta a lasciare Eduardo Sabbiese. Tuttavia, il momento più intenso è arrivato quando Rosa, ancora piena di dubbi, le ha chiesto se lui le avesse mai messo le mani addosso.

Dopo un attimo di silenzio, Clara ha rassicurato tutti: Eduardo non è mai stato violento né con lei né con i bambini. Un comportamento che lui stesso attribuisce al proprio codice morale.

Ma quanto vale davvero quel codice? Basta non essere violenti per cancellare il passato?

La soap sembra suggerire un percorso di redenzione, ma la realtà raccontata – anche se romanzata – lascia spazio a molte domande.

Il cliché del cattivo affascinante

Eduardo è uno dei personaggi più amati della soap. Il “cattivo che diventa buono” è un cliché sempre efficace, ma nel suo caso appare forzato. Non ha mai affrontato un vero percorso di redenzione: non ha scelto la legalità per convinzione, ma si è legato a Clara, trovandosi poi quasi obbligato a collaborare con la giustizia. Più una mossa dettata dalle circostanze che da un cambiamento autentico.

A conferma di questa ambiguità, nella recente puntata, Rosa vuole sapere se Eduardo abbia mai alzato le mani su Clara. Una domanda dura, ma plausibile: un uomo cresciuto nella criminalità, tra armi e clan, che ha portato mitra in casa propria, non si può escludere che abbia avuto scatti anche nella sfera privata.

Clara lo assolve, appellandosi a quel famoso “codice morale”, ma il dubbio resta. Perché quei codici, tanto esaltati nella finzione, nella realtà sono fragili. E chi è cresciuto nella violenza difficilmente si trasforma davvero in un gentiluomo.
Clara Curcio (Imma Pirone) e Rosa Picariello (Daniela Ioia) © Un Posto al Sole Rai

Un passato troppo pesante e il doppio gioco con Damiano

Eduardo ha scontato solo pochi mesi di carcere, decisamente troppo pochi rispetto ai reati mostrati nella serie.

C’è chi lo difende dicendo che “non ha mai fatto male a nessuno”, ma basta rivedere le puntate per capire che non è così.

Il suo passato è chiaro: possesso illegale di armi, una borsa piena di pistole, finita nelle mani di un minorenne, minacce ad Alberto, un sistema di racket ben radicato. Anche se si è dichiarato estraneo al traffico di droga, la sua organizzazione doveva comunque finanziarsi.

Durante la collaborazione con Damiano, ha continuato a delinquere: occultamento di cadavere, sequestro e ricatto: tutto documentato. In un’altra scena, aggredisce un uomo che aveva fatto del male a sua madre, spedendolo in ospedale. Un gesto che qualcuno può leggere come “giustizia da strada”, ma resta un’aggressione. E da capo clan, è anche responsabile dei crimini dei suoi uomini.

Il rischio della romanticizzazione del male

Con Eduardo, Un posto al sole rischia di idealizzare il malvivente affascinante. È un archetipo ricorrente nella narrativa, ma in questo contesto diventa pericoloso. Perché Eduardo, nonostante il suo carisma, non ha mai realmente cambiato vita. Si è legato a Clara, sì, ma ha collaborato con la giustizia per convenienza, non per scelta morale.

La sua situazione legale è nebulosa: non è in carcere, ma nemmeno sotto protezione ufficiale. Eppure i reati ci sono, e sono gravi. La domanda di Rosa, in fondo, tocca un punto centrale: sarebbe davvero così assurdo se Eduardo avesse alzato le mani su Clara? Considerando il suo passato, forse no.

Eduardo resta un personaggio carismatico, ma ciò non basta a riabilitarlo. I presunti codici d’onore reggono solo fino a un certo punto. Poi resta solo la realtà: chi si è macchiato di certi reati difficilmente si trasforma in un “buono”.