Un colpo di scena sconvolgente getta un’ombra di sospetto sull’avvelenamento di Tarik. Un flacone contenente lo stesso veleno che lo ha quasi ucciso viene ritrovato, ma non nella casa di Guzide. Questo dettaglio cambia completamente le carte in tavola, aprendo scenari inquietanti su chi possa essere il vero colpevole. Nel frattempo, le registrazioni segrete di Umit rivelano conversazioni compromettenti ancora non collegate al caso, mentre la timeline degli eventi presenta incongruenze evidenti nei racconti di Yesim. La verità si annuncia più scioccante di quanto si possa immaginare.
Un dettaglio chiave emerge durante la scena del risveglio di Tarik in ospedale: la sua prima visione è Yesim, il cui sguardo è colmo di ansia. Con mani tremanti, lo accarezza con apparente dolcezza, ma il suo comportamento tradisce nervosismo. Ancora prima che Tarik possa realizzare cosa sia successo, Yesim prende subito il controllo della narrazione e, con inquietante sicurezza, punta il dito contro Guzide. Ma come può esserne così certa, quando i medici non hanno ancora confermato la diagnosi di avvelenamento?
Ripercorrendo gli eventi prima del malore, emergono discrepanze nelle dichiarazioni di Yesim. Lei sostiene di essere rientrata poco prima che Tarik si sentisse male, ma la domestica afferma di averla vista tornare molto prima, con il tempo necessario per accedere alla cucina. Questo dettaglio, stranamente omesso nei suoi racconti, getta un’ombra di sospetto sulle sue reali intenzioni.
Anche la reazione di Tarik alle accuse contro Guzide è significativa. Non prova rabbia, ma confusione: “Sei sicura? Non ha senso”, mormora con voce debole ma lucida. Il suo scetticismo naturale suggerisce che qualcosa non torna. Inoltre, Yesim fornisce versioni diverse a seconda dell’interlocutore: mentre descrive Guzide come calcolatrice con Tarik, con la polizia si mostra cauta, parlando solo di sospetti. Una strategia per evitare accuse di calunnia?
Le telecamere di sicurezza offrono un altro elemento decisivo: Guzide non è mai entrata nella villa quel giorno, mentre Yesim aveva accesso a tutto ciò che Tarik ha consumato. Un caffè preparato amorevolmente, un bicchiere d’acqua offerto con premura… perfette occasioni per agire indisturbata.
Quando la polizia perquisisce la casa di Guzide, la ricerca non porta a nulla. Un’assenza di prove talmente totale da sembrare sospetta. Guzide, dal canto suo, rimane impassibile, quasi come se fosse spettatrice di un teatro dell’assurdo. È la calma di una colpevole o la sicurezza di chi sa di essere innocente?
Un ultimo tassello fa vacillare ogni certezza: Tarik, frugando nel suo studio, trova un piccolo flacone nascosto tra i libri, un oggetto che non gli appartiene. Il mistero si infittisce: come può un potenziale indizio dell’avvelenamento trovarsi nella sua stessa casa? La verità potrebbe essere molto più vicina di quanto si pensi…