Nelle ultime trame de La Promessa, gli sceneggiatori hanno posto uno dei personaggi più amati, Curro de la Mata, al centro di un bivio che potrebbe cambiare per sempre il suo destino. Ciò che sembrava una strada senza uscita dopo l’umiliazione pubblica subita, ora potrebbe trasformarsi in un’inaspettata rivincita del destino. La grande domanda che aleggia sulla storia è la seguente: il re Alfonso XIII sarà capace di restituire a Curro il titolo, il nome e l’onore che gli aveva strappato in passato?
Ricordiamo gli avvenimenti che lo hanno condotto fino a questo punto. Curro fu per un periodo barone di Linaja, dopo la rinuncia del cugino Manuel, che gli cedette il titolo. Quel gesto scandalizzò profondamente Cruz Ezquerdo, la marchesa di Luján, perché significava che suo figlio preferiva consegnare un simbolo di nobiltà al nipote tanto odiato piuttosto che conservarlo per sé. Per un breve periodo, Curro godette di riconoscimento, rispetto e di un posto legittimo nella sfera aristocratica. Tuttavia, la gioia durò poco.
La verità sulla sua nascita si rivelò come un terremoto sociale e politico: Curro non era il nipote legittimo del defunto barone, bensì frutto della relazione proibita tra sua madre Dolores —l’antica domestica della casa— e don Alonso de Luján, il marchese stesso. Quando il segreto venne alla luce, lo scandalo raggiunse proporzioni incontrollabili. Fu lo stesso re Alfonso XIII a intervenire direttamente, ordinando che Curro fosse privato del suo titolo e costringendo inoltre il marchese a ripudiarlo pubblicamente.
Il colpo fu devastante. Nel giro di poche ore, Curro passò dall’essere un giovane nobile al diventare un bastardo ripudiato, relegato al ruolo di semplice lacchè all’interno della Promessa. Una caduta umiliante che segnò profondamente il suo carattere, lasciando cicatrici emotive ancora oggi presenti. Da allora, il ragazzo è stato costretto a sopravvivere nell’ombra, accettando la sua nuova condizione, anche se dentro di sé non ha mai rinunciato al desiderio di giustizia.
Ma il destino, capriccioso e spesso ironico, ha voluto offrirgli una seconda possibilità. Il villain Lorenzo de la Mata, noto come “il capitano Garrapata”, si credeva intoccabile grazie ai suoi loschi affari legati all’esercito. Fu allora che Curro fece un passo avanti e, con coraggio, denunciò pubblicamente gli abusi del suo stesso padre adottivo, rischiando non solo la sua posizione, ma anche la sua vita. Un gesto eroico che non passò inosservato.
Il colonnello Fuentes, rappresentante dell’esercito, non tardò a riconoscergli il merito. Gli disse chiaramente: “L’esercito spagnolo è in debito con te, Curro. E se l’esercito ti deve qualcosa, allora te lo deve anche lo Stato.” Un’affermazione che apre un’incognita affascinante: se l’esercito e, per estensione, lo Stato devono tanto a Curro, il monarca potrebbe forse riconsiderare la sua decisione passata e restituirgli l’onore perduto?
A questo punto, la tensione drammatica raggiunge il suo culmine. Perché, non dimentichiamolo, il capo supremo dell’esercito è Alfonso XIII, lo stesso che gli tolse tutto. Il cerchio si chiude in modo poetico: solo il re può riparare la ferita che lui stesso causò. E la domanda inevitabile è: la giustizia prevarrà sull’orgoglio reale e sui pregiudizi sociali?
Il caso di Curro ricorda che la giustizia a volte arriva tardi, ma quando arriva può essere davvero riparatrice. Il suo valore lo ha posto in una posizione unica. Mentre altri nobili, come Adriano, ricevettero titoli onorifici per gesti di lealtà —come quando salvò la vita al duca di Carvajal y Cifuentes—, perché non restituire ora a Curro ciò che gli era stato tolto con disprezzo?
Tuttavia, non tutto è speranza. L’ombra di Leocadia de Figueroa torna a incombere sulla trama. Molti sospettano che sia stata proprio lei, a suo tempo, a muovere i fili nell’ombra per accelerare la caduta di Curro, sussurrando alle orecchie giuste affinché il giovane venisse spogliato del suo titolo il prima possibile. Il suo obiettivo era chiaro: allontanare Curro dal cammino della figlia Ángela, affinché quest’ultima potesse partire a studiare in Svizzera senza ostacoli sentimentali. Una strategia fredda e calcolatrice che dimostra fino a che punto Leocadia sia disposta a sacrificare chiunque pur di portare a termine i suoi piani.
Se ora Curro dovesse riottenere il suo status, tutta la strategia di Leocadia crollerebbe come un castello di carte. Potrà mai permettersi una simile sconfitta? L’esperienza ci dice di no. Tutto lascia pensare che tornerà a cospirare, forse in alleanza con vecchi complici come il duca di Carvajal y Cifuentes, per impedire a ogni costo che Curro recuperi il suo posto. La grande stratega delle ombre non resta mai ferma: ogni volta che sembra scomparsa, in realtà sta muovendo pedine in silenzio.
Così, la storia di Curro diventa un duello tra due forze opposte: da un lato, la giustizia che potrebbe arrivare dalle mani del re stesso; dall’altro, l’intrigo e la manipolazione dei suoi nemici, pronti a fare di tutto per affondarlo ancora una volta.
La verità è che Curro de la Mata ha perso tutto: il suo nome, il suo titolo, il suo posto nel mondo. Fu umiliato e ridotto al nulla. Ma con un solo gesto, affrontando il capitano Garrapata, ha conquistato qualcosa di molto più grande: il rispetto dell’esercito e dello Stato spagnolo. Quel riconoscimento potrebbe trasformarsi nella chiave che gli riapra le porte della nobiltà.
Ora, il tavolo del destino torna a essere in movimento. Vedremo il barone di Linaja rinascere dalle sue ceneri come un’araba fenice? O sarà sepolto ancora una volta sotto il peso delle intrighe di corte e dell’odio dei suoi nemici?
Una cosa è certa: in La Promessa, nulla accade per caso. Tutto è calcolato, ogni gesto ha conseguenze e ogni segreto nascosto prima o poi viene alla luce. Il futuro di Curro dipenderà dalla capacità di Alfonso XIII di rettificare un errore del passato e restituire a un giovane coraggioso ciò che non avrebbe mai dovuto perdere: il suo onore.
Nel frattempo, noi spettatori restiamo con lo sguardo fisso su ogni puntata, perché ciò che è in gioco non è più solo un titolo nobiliare, ma la dignità e la felicità di un uomo che non si arrende mai.